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Julian Assange, la Corte d'Appello conferma l'ordine di arresto

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su espressonline, 20 novembre 2014

(http://espresso.repubblica.it/internazionale/2014/11/20/news/julian-assange-la-corte-d-appello-conferma-l-ordine-di-arresto-1.188793)

Una impasse giudiziaria senza vie di uscita. La Corte d'appello (Svea hovrätt) di Stoccolma ha rigettato la richiesta dei legali di Julian Assange di revocare l'arresto. Il fondatore di WikiLeaks non ha altra chance: deve rimanere confinato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra, dove vive dal 19 giugno del 2012. Se solo provasse a mettere un piede fuori, verrebbe arrestato da Scotland Yard su ordine del procuratore svedese Marianne Ny ed estradato in Svezia. La decisione è appena arrivata dalla Svezia, spezzando ogni speranza per il fondatore di WikiLeaks, che ha perso la libertà da quattro anni.

La procura ne ha richiesto l'arresto e l'estradizione nel 2010 perché vuole interrogarlo e non perché Assange debba andare alla sbarra o scontare una pena. Ad oggi, non è incriminato. Dopo quattro anni l'indagine è ancora alla fase preliminare. E' la stessa sentenza della “Svea hovrätt” a fotografare questa paralisi: «La Corte d'Appello nota, comunque», scrive nel comunicato stampa la Corte, «che l'indagine è ferma e ritiene che il fallimento dei procuratori nell'esaminare alternative non sia in linea con i loro obblighi – nell'interesse di tutte le parti coinvolte – di far progredire l'indagine preliminare». A cosa si riferisce la Corte? Alla situazione senza via d'uscita che si è venuta a creare nel caso Assange.

Il caso va avanti dall'agosto 2010, esattamente 3 settimane dopo che Julian Assange e la sua organizzazione, WikiLeaks, hanno iniziato a pubblicare gli Afghan War Logs, i documenti segreti sulla guerra in Afghanistan, diffusi per la prima volta il 26 luglio 2010. Assange si trovava a Stoccolma per una conferenza proprio su quei documenti. Il 20 agosto 2010, la procura di Stoccolma ordina l'arresto del fondatore di WikiLeaks con l'accusa di stupro: due giovani donne svedesi lo accusano di avere avuto rapporti consenzienti, ma di non aver usato il preservativo come entrambe avevano richiesto.

Il 25 agosto, la procura aveva derubricato il reato a molestie. E' solo con l'entrata in scena del nuovo avvocato delle due donne, Claes Borgstrom, che il caso viene riaperto come stupro dal procuratore svedese Marianne Ny. Il 27 settembre 2010, Ny ordina l'arresto in absentia di Julian Assange. L'accusa è stupro. La Svezia considera stupro quello che in altri paesi non è considerato tale: le due donne, infatti, hanno sempre sostenuto che i rapporti sessuali fossero consenzienti, ma hanno denunciato il mancato uso del preservativo. Per la legge svedese, questo comportamento è configurabile come stupro, seppure di una fattispecie minore. E' altresì importante capire che ad oggi il procuratore Marianne Ny non ha incriminato il fondatore di WikiLeaks per alcun reato: tutta la saga giudiziaria che va avanti dal 2010 ruota intorno a un'indagine che, dopo 4 anni, è ancora alla fase preliminare.

Assange si è consegnato alla polizia a Londra il 7 dicembre 2010, dopo che il procuratore Ny ha richiesto un “red notice” dell'Interpol che ha reso il fondatore di WikiLeaks un ricercato in tutto il mondo. Da allora, Assange vive come un recluso, opponendosi con ogni mezzo legale all'estradizione in Svezia ordinata da Marianne Ny, convinto che questo sia, in realtà, solo il primo passo verso l'estradizione negli Stati Uniti dove, dal 2010 è in corso un'indagine del Grand Jury sulla pubblicazione dei documenti segreti del governo americano.



La paralisi dell'inchiesta ruota proprio intorno al rifiuto di Marianne Ny di interrogare Assange a Londra, senza estradarlo in Svezia. Fin dall'inizio i legali di Assange hanno chiesto garanzie alla Svezia affinché o venisse interrogato a Londra senza essere estradato, oppure che, se estradato, gli fossero date garanzie certe che poi non sarebbe stato successivamente estradato negli Usa.

Entrambe le richieste dei legali di Assange sono però cadute nel vuoto, senza peraltro chiare spiegazioni sul perché i comuni accordi di cooperazione giudiziaria che esistono tra stati non possano essere applicati dalla Svezia nel suo caso. Due settimane fa, lo stesso ministero degli Esteri di Londra, il Foreign Office, ha dichiarato pubblicamente la propria disponibilità a facilitare l'interrogatorio dell'australiano all'interno dell'ambasciata dell'Ecuador di Londra ( qui l'articolo del Guardian ). Un'offerta che probabilmente puntava a trovare una via d'uscita a un caso diventato ormai intrattabile e che costa milioni di sterline al contribuente inglese, visto lo stato di assedio dei poliziotti di Scotland Yard intorno all'ambasciata.

Gli avvocati di Assange hanno anche cercato invano di ottenere gli sms che si sono scambiate le due donne nei giorni del 2010 quando il caso è scoppiato. La difesa, che ne ha potuti vedere solo alcuni, senza poterli trascrivere o acquisire, sostiene che gli sms aiutino a far luce su quanto è veramente accaduto in quei giorni. Dai messaggini emergerebbe che le due donne non volevano denunciare Julian Assange per stupro. Avrebbero voluto, invece, convincerlo a fare un test Hiv, visti i rapporti non protetti. Una delle due donne avrebbe anche detto di essersi sentita manipolata (“railroaded”) dalla polizia.

L'Espresso ha contattato in più occasioni l'ufficio del procuratore generale, “Swedish Prosecution Authority”, che però ha sempre declinato la richiesta di commentare il caso. Poche ore prima della sentenza della Corte di Appello, WikiLeaks ha diffuso una dichiarazione giurata in cui Julian Assange ricostruisce quanto accaduto nel 2010. Nella ricostruzione figura la testimonianza de “l'Espresso”, che ha incontrato Assange a Berlino, dove era volato dalla Svezia il 27 settembre 2010, per parlare con alcuni giornalisti. In quella circostanza Assange aveva ricevuto una telefonata dell'avvocato svedese Björn Hurtig, che lo informava del fatto che il procuratore svedese intendeva arrestarlo per poterlo interrogare. Julian aveva risposto: «Vogliono interrogarmi? Sono stato sei settimane in Svezia, potevano sentirmi quando volevano, perché non l'hanno fatto?».

L'Espresso aveva raccontato questo episodio di cui era stato testimone in un articolo del dicembre 2010 , quando l'Espresso non poteva neppure immaginare che Assange sarebbe stato accusato di volersi sottrarre alla giustizia, scappando. Ed è da allora che questa saga giudiziaria va avanti senza alcuna apparente via d'uscita. E senza giustizia. Né per Julian Assange né per le due donne.