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Il governo Usa ha ottenuto da Google le email e tutti i dati relativi ai giornalisti di WikiLeaks

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su espressonline, 23 gennaio 2015

(http://espresso.repubblica.it/inchieste/2015/01/23/news/il-governo-usa-ha-ottenuto-da-google-email-e-dati-dei-giornalisti-di-wikileaks-1.196228)

Un'inchiesta coperta dal segreto che va avanti da quasi cinque anni in Virginia, stato ad altissima concentrazione di agenzie di intelligence americane, prima fra tutte la Cia, che qui ha il suo quartier generale. Un'indagine di cui si sa pochissimo, ma che vede al centro Julian Assange e la sua organizzazione WikiLeaks, per aver rivelato il vero volto delle guerre in Afghanistan e in Iraq, i segreti della diplomazia americana e l'abisso dei prigionieri di Guantanamo.

Che fosse in corso lo si sapeva da tempo, ma le ultime informazioni certe risalivano al 2011, quando il governo americano chiese accesso a tutti i dati dell'account Twitter di WikiLeaks e di alcuni sostenitori. Ora, però, affiorano pubblicamente nuove prove dell'inchiesta in corso.

Il governo americano ha ordinato a Google di consegnare tutti i contenuti e i dati delle email di tre giornalisti di WikiLeaks che hanno ruoli primari nell'organizzazione: Sarah Harrison, Joseph Farrell e Kristinn Hrafnsson. Le comunicazioni vengono richieste nell'ambito di un'inchiesta per spionaggio: esattamente lo stesso crimine di cui sono stati accusati la fonte di WikiLeaks, Chelsea Manning, e l'ex contractor americano che ha rivelato i programmi di sorveglianza di massa della Nsa, Edward Snowden.

Di fatto i tre mandati di sequestro ( qui in formato Pdf ) inviati a Google sono firmati dallo stesso magistrato che ha incriminato Snowden per spionaggio: il procuratore John F. Anderson della Corte dell'Eastern District of Virginia. I tre provvedimenti intimano a Google di individuare e consegnare le comunicazioni dei tre giornalisti entro il 5 aprile 2012, ma il fatto è emerso solo ora, perché il colosso di Mountain View ha comunicato a WikiLeaks l'esistenza di quell'ordine di consegnare tutte le comunicazioni solo alla vigilia del Natale scorso. Tutto è rimasto segreto per oltre due anni. Sui mandati si può leggere il timbro “under seal”, ovvero in tutto questo lasso di tempo sono rimasti secretati.

Giornalisti e whistleblower: perseguiti come spie

I tre mandati rischiano di confermare lo scenario che inquadra il lavoro giornalistico di pubblicazione dei file da parte di WikiLeaks - in collaborazione con i media di tutto il mondo, tra cui “l'Espresso”- come spionaggio. «Questi mandati», spiegano a l'Espresso i legali newyorkesi di WikiLeaks, Michael Ratner e Carey Shenkman, «tenderebbero a confermare che gli Stati Uniti stanno indagando su WikiLeaks per spionaggio». Altro reato ipotizzato nei provvedimenti è la violazione del Computer Fraud and Abuse Act. Gli avvocati sottolineano che il Computer Fraud and Abuse Act punisce «atti di “spionaggio” intesi come informazione ottenuta con l'eccesso di potere nell'accesso abusivo ai computer». Shenkman e Ratman spiegano che, sebbene le indagini vadano avanti da tempo, «sappiamo dal maggio 2014 che l'inchiesta su WikiLeaks per la pubblicazione dei file segreti è “attiva e in corso” da ben quattro anni».

Per emettere i mandati, il procuratore John F. Anderson deve aver potuto usare quella che negli USA si chiama “probable cause”, ovvero «un fondato motivo di credere che sia stato commesso un reato», spiegano Ratner e Shenkman. Anche se la “probable cause” è necessaria ai magistrati per ottenere il mandato, non è comunque sufficiente a chiedere l'estradizione dei giornalisti di WikiLeaks, spiegano i due legali: «E' solo uno dei tanti elementi necessari per incriminare ed estradare qualcuno negli Stati Uniti».

L'amministrazione Obama ha usato l'Espionage Act - una legge del 1917 pensata per punire i traditori della Prima guerra mondiale che passavano informazioni al nemico - per colpire in modo esemplare i whistleblower, gente che, lavorando all'interno del potente complesso militare-industriale americano, si è presa il grandissimo rischio di rivelare a media e giornalisti informazioni segrete per denunciare abusi commessi dal governo.

Come ricorda il centro americano di giornalismo investigativo “ProPublica” , in tutta la storia degli Stati Uniti sono stati incriminati per spionaggio per avere rivelato informazioni segrete nel pubblico interesse solo dieci persone: sette di esse durante l'amministrazione Obama, che si conferma come il presidente che più ha perseguitato i whistleblower.

Quando Google incontrò WikiLeaks

La tegola dei mandati arriva sei mesi dopo che Julian Assange ha dato alle stampe il suo nuovo libro “When Google Met WikiLeaks” (Or Books, New York), un saggio in cui il fondatore di WikiLeaks spiega perché il gigante di Mountain View è diventato malvagio . Molti sono rimasti colpiti per il fatto che un'organizzazione come WikiLeaks abbia usato servizi di email forniti da Google. In realtà, gli account dei giornalisti Sarah Harrison, Joseph Farrell e Kristinn Hrafnsson non erano usati per le attività fondamentali dell'organizzazione, come le comunicazioni con le fonti o tra i componenti dello staff di WikiLeaks.

I mandati, però, hanno permesso al governo americano di pretendere da Google ogni informazione sui tre account di posta elettronica: gli indirizzi, le date degli scambi email, i contenuti dei messaggi, eventuali pagamenti per i servizi Google con relativi numeri di carte di credito e conti correnti bancari, i contenuti di ogni singola bozza di messaggio, delle email cancellate, tutti i metadati e le liste di contatti, eventuali foto e file. Probabilmente, gli investigatori hanno incrociato tutti questi dati alla ricerca di informazioni sulle attività di WikiLeaks e, in particolare, sui tre giornalisti che hanno un ruolo di primo ordine nel gruppo.

Perché la richiesta del governo americano è rimasta segreta per oltre due anni? «Stando a quello che dice Google», ci spiegano i legali di WikiLeaks, «Google era vincolato al segreto: non poteva rivelare ai giornalisti che lavorano per WikiLeaks che aveva consegnato al governo americano i contenuti delle loro email, i metadati e le informazioni personali necessarie per aprire gli account di posta».

L'Espresso ha contattato Google chiedendo di sapere quando esattamente ha ricevuto i mandati e se abbia provato a sfidare in tribunale il governo sulla richiesta di consegnare tutti i dati di tre reporter della organizzazione giornalistica che ha come cavallo di battaglia l'accesso e la pubblicazione nel pubblico interesse di documenti inaccessibili e impubblicabili. Google non ha voluto rispondere alle nostre domande.

L'impasse svedese

L'Espresso ha anche contattato il Dipartimento della Giustizia americano, facendo domande precise e circoscritte sull'inchiesta su WikiLeaks per cui sono stati emessi i tre mandati di sequestro. Il Dipartimento della Giustizia ha rifiutato di commentare.

Il nostro giornale ha infine contattato la Corte di Appello di Stoccolma, che il 20 novembre scorso ha riconfermato l'ordine di arresto di Julian Assange, sottolineando che il fatto che Assange «rimanga nell'ambasciata non deporrà a suo favore, perché lui stesso può porre fine al suo confino».

Julian Assange ha sempre motivato la propria scelta di chiedere asilo e rifugiarsi nella rappresentanza diplomatica ecuadoriana sostenendo il timore di essere estradato negli Usa e condannato duramente per la pubblicazione dei file segreti. Ma l'autorità giudiziaria di Stoccolma ha sempre insistito a volerlo estradare in Svezia per interrogarlo e si è sempre rifiutata non solo di offrire la garanzia che poi non sarebbe stato estradato negli Usa, ma anche solo di ammettere che le preoccupazioni di Assange per l'incriminazione negli Stati Uniti fossero reali e fondate.

Ora i tre mandati di sequestro confermano che l'inchiesta contro WikiLeaks è attiva e in corso. La Svezia riconoscerà come legittimi i timori di Julian Assange? Il giudice della Corte di Appello di Stoccolma, Niklas Wagnert, ha dichiarato a l'Espresso che nella sua sentenza del novembre scorso, «ha ovviamente e naturalmente considerato solo i fatti e le circostanze che al tempo erano note alla Corte per prendere quelle decisioni». Di fatto i mandati di sequestro sono emersi pubblicamente un mese dopo la sentenza di appello. Assange ha fatto ricorso alla Corte Suprema: i mandati di sequestro di fatto riaprono la partita e potrebbero porre fine all'impasse svedese. Permettendo a Julian Assange di volare in Ecuador, dove gode del diritto di asilo politico.