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WikiLeaks: nei documenti Sony la verità sul film “The Interview”

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su espressonline, 16 aprile 2015

(http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/04/16/news/wikileaks-nei-documenti-sony-la-verita-sul-film-the-interview-1.208435)

Una multinazionale con rapporti di altissimo livello che arrivano fino al presidente Obama e ai suoi più stretti consiglieri, che, attraverso la Rand Corporation, ha contatti nell'istituzione più potente del mondo: il complesso militare-industriale degli Stati Uniti; ripaga con generose donazioni la politica americana se questa ne tutela gli interessi, e almeno inizialmente sembra aver sottovalutato il rischio legato al film “The Interview”, che sarebbe all'origine dei suoi guai.

E' questo il quadro che dipingono gli oltre centomila file appena rilasciati da WikiLeaks, documenti interni della grande azienda dello spettacolo e dei giochi, Sony, finita al centro di un caso mondiale, dopo che nel novembre scorso subì un hackeraggio che il governo degli Stati Uniti dichiarò di aver ricondotto alla Corea del Nord: lo “stato canaglia” avrebbe hackerato l'azienda come rappresaglia contro il film della Sony “The Interview”, una commedia che mette in scena un complotto della Cia per eliminare il dittatore Kim Jong-un. Subito dopo l'hackeraggio, gli Stati Uniti hanno ulteriormente inasprito le sanzioni contro il regime di Pyongyang, ma più di un esperto ha espresso scetticismo sulla pista nordcoreana.

Alcune email erano già filtrate nelle settimane successive all'hackeraggio, ma ad oggi nessuno aveva pubblicato l'intero database di documenti, anche perché Sony ha subito annunciato azioni legali contro i media che si fossero azzardati a farlo. Non è chiaro come l'organizzazione di Julian Assange sia entrata in possesso dei file della Sony. L'unica cosa chiara è che i documenti permettono di aprire uno squarcio nel funzionamento interno di una gRande multinazionale. Un'occasione a dir poco rara, consideRando la cultura della riservatezza che impera nelle corporation in nome della tutela del business, dei segreti commerciali e di quelle relazioni che sono oro e che permettono di fare affari a tutte le latitudini del mondo. L'occasione è ancora più importante se si considera che Sony è una delle multinazionali che tanto condiziona il futuro della Rete, perché conduce una lotta senza quartiere contro la pirateria in difesa del copyright.

Le relazioni preziose

Il contatto più esclusivo di cui gode la multinazionale è senza dubbio quello tra l'amministratore delegato della Sony Usa, Michael Lynton, e la Casa Bianca. Lynton è uno di quelli ammessi a cenare con il presidente e la First Lady nella sua residenza estiva di Martha's Vineyard nel giorno di Ferragosto 2014 in piena crisi scatenata dal film “The Interview. L'invito a cena arriva a Lynton direttamente via email da uno dei collaboratori più stretti di Barack Obama: Valerie Jarrett, che i media americani hanno definito come il consigliere “che sussurra a Obama”.

Stando a quanto Lynton stesso scrive nelle comunicazioni interne della Sony, il rapporto tra lui e Valerie Jarrett è stretto e di lunga data. Jarrett invia l'invito a cena e poi si assicura che gli assistenti trasmettano a Lynton le indicazioni per arrivare fino alla residenza estiva del presidente. E l'invito funziona, tanto che il giorno dopo Lynton scrive: «Mia moglie ed io abbiamo avuto una serata fantastica. Il presidente e io abbiamo passato un po' di tempo a parlare di film». La mail non menziona se nel corso della cena Lynton e il presidente abbiano discusso il caso del film sul dittatore coreano. Lynton comunica anche all'assistente più fidata della First Lady, Kristen Jarvis, di voler inviare a Obama un film non ancora uscito e che pensa che lui apprezzerebbe. Dai file risulta che la simpatia tra il boss della Sony e Obama è reciproca: a rivelare che al presidente piace molto Michael Lynton è l'ex consigliere della politica economica di Obama, Gene Sperling.

Le comunicazioni interne di Sony rivelano anche la generosità della multinazionale con la politica americana quando questa va nella direzione degli interessi dell'azienda. In un'email dell'agosto 2014, un top manager scrive di voler finanziare la rielezione del governatore di New York, Andrew Cuomo, il figlio di Mario Cuomo. «Grazie al governatore Cuomo, abbiamo un gRande ambiente che incentiva la produzione [cinematografica, ndr] a New York e un forte sostenitore degli sforzi contro la pirateria che ha fatto di più che parlare dei nostri problemi. Perciò, credo che sia importante supportare in modo significativo i suoi sforzi per la rielezione. La legge di New York consente alle corporation di donare solo 5mila dollari (cosa che abbiamo fatto) e...con il supporto di Michael, stiamo cercando di raccogliere in tutto 50mila dollari. Questo significa che devo chiedere aiuto ai singoli top manager, che non è la cosa che mi piace fare. Considereresti di donare 5mila dollari al governatore Cuomo?», scrive il top manager a un collega.

Da Obama a Rai e Mediaset

Contatti e affari della multinazionale arrivano fino in Italia. Dal database emergono notizie su perquisizioni della Guardia di Finanza negli studi italiani della “Cbs” e “Universal”. I legali ragionano che «non è chiaro, ma è possibile che queste siano ora indagini indipendenti su Cbs e Universal che derivano dall'inchiesta su Berlusconi e Mediaset». Tra i file presenti nella raccolta risultano alcuni contratti tra Sony e Mediaset per i diritti televisivi, tra cui uno per il triennio 2014-2016 da cui emergono i costi contenuti dei film per il servizio Mediaset Infinity di “video on demand”.

Quanto alla Rai, i contatti diretti tra la multinazionale e la televisione di Stato sono più che ottimi. In un'email dell'aprile 2014, il presidente della produzione internazionale di Sony, Andrea Wong, informa i vertici dell'azienda di «aver incontrato l'amministratore delegato della Rai e di aver discusso una relazione più ampia tra la Sony e la Rai. Una delle opportunità può essere nel settore dei film, perché ci investono e stanno cercando potenziali partner per gRandi co-produzioni», scrive Wong, facendo anche presente che «in aggiunta a questo, lui [l'ad della Rai, ndr] vorrebbe introdurmi al ministro della Cultura in modo che io possa aiutare la sua causa riguardo il miglioramento del tax credit per la produzione e le concessioni da parte dei sindacati».

La multinazionale prepara un report sulla questione della tax credit al 25% per il cinema: quella serie di benefici fiscali che - scrivono i media italiani proprio in questi giorni- stanno riportando le gRandi produzioni cinematografiche in Italia. Nelle email, i manager Sony valutano che la Rai potrebbe aver beneficiato «dei recenti sviluppi politici che hanno visto il partito di Berlusconi colpito nelle recenti elezioni politiche e questo indebolisce inevitabilmente il suo [della Rai, ndr] competitor Mediaset».

Stando alle mail, l'incontro tra il presidente della Sony per le produzioni internazionali e il ministro Dario Franceschini si tiene effettivamente a fine maggio 2014. «Ho avuto un ottimo incontro con il ministro della Cultura e con l'amministratore delegato della Rai. Il governo annuncerà domani mattina una nuova misura di tax credit per film e tv ed è desideroso di attrarre investimenti e produzioni straniere in Italia. Ho promesso di fare opera di evangelizzazione nel loro interesse...».

La guerra del copyright

Dal database emerge la guerra senza tregua condotta da Sony per la protezione del copyright e contro la pirateria, una guerra che vale miliardi, ma che è piena di incertezze. In un report confidenziale del 2011 dei “Movie Labs” -organizzazione fondata dalle major per fare ricerca e sviluppo nel settore cinematografico- si valutano le procedure che in Europa portano al blocco dei siti che violano il copyright. Leggendo le analisi paese per paese, emerge la mancanza di dati certi e affidabili sull'efficacia di questa misura, peraltro molto controversa e impopolare, perché spesso va a intaccare la libertà di espressione. «Nei paesi che hanno praticato il blocco dei siti non ci sono molti studi pubblicati sui successi o i fallimenti», recita il documento, «Le misure esistenti tendono ad essere troppo semplicistiche, non pubblicano la metodologia e coprono solo un breve periodo di tempo. Per esempio, sia il fronte a favore del blocco che il fronte contrario hanno usato i dati italiani su TPB [The Pirate Bay, ndr] per argomentare che il blocco funziona o non funziona. Gli strumenti certi sono sempre buona cosa. Se mostrano un successo (e le misure adottate possono essere difese) allora la scelta di bloccare a favore dell'industria è forte. Se invece non emerge un successo, allora l'industria deve adottare qualche altra soluzione».

I tentacoli delle lobby americane

Le email Sony pubblicate oggi da WikiLeaks rivelano anche l'estensione del complesso americano Usa. Se l'uscita delle mail interne avesse riguardato un'azienda italiana nel settore del cinema e degli spettacoli, sarebbero probabilmente venute fuori storie di raccomandazioni e amanti all'ombra della politica italiana, ma nel caso della Sony e degli Stati Uniti la fuoriuscita dei file fa emergere storie e informazioni sull'istituzione più potente e pervasiva: il complesso militare.

L'amministratore delegato di Sony Usa, Michael Lynton, è anche nel board of trustees della Rand Corporation, un potente think tank di ricerca e analisi al servizio della difesa e della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, che esiste fin dalla fine della seconda Guerra mondiale. Dalle comunicazioni emerge che proprio a Lynton la Rand si rivolge per cercare un contatto con le celebrities di Hollywood del calibro di George Clooney o Kevin Spacey o con il consigliere di Obama, Valerie Jarrett, come ospiti di prestigio e richiamo in iniziative e dibattiti. Ed è un analista della Rand, Bruce Bennett, che, a sua volta, consiglia Sony per il film “The Interview” che avrebbe scatenato la rappresaglia degli hacker nordcoreani.

Le comunicazioni lasciano affiorare alcune informazioni sul lavoro di Rand, che per esempio è interessata a una collaborazione con Imax, l'azienda che ha sviluppato la tecnologia per proiettare le immagini cinematografiche a notevole gRandezza: Rand è interessata a possibili applicazione della tecnologia Imax nel settore dell'archiviazione digitale delle informazioni per il governo. O anche informazioni sul lavoro di Rand in Ucraina, lasciando emergere che, subito dopo aver vinto le elezioni, il presidente pro-Occidente, Petro Poroshenko, ha contattato il think tank americano attraverso un ex diplomatico e un avvocato americani, inviando alla Rand una sua delegazione. «Abbiamo raggiunto un accordo su una lista di progetti per aiutare il presidente Poroshenko su una serie di pianificazioni strategiche, analisi e sforzi per l'assistenza tecnica, inizialmente correlati alla sicurezza nazionale dell'Ucraina. Lui [il presidente Poroshenko, ndr] ha proposto che i progetti siano sottoscritti da un uomo di affari ucraino, ma noi ci siamo opposti, dicendo che preferiamo lavorare attraverso il governo americano o un'organizzazione di pubblica beneficenza americana. Abbiamo saputo dal dipartimento di Stato che il presidente Poroshenko ha chiesto al vicepresidente Biden di facilitare i progetti della Rand e sappiamo che sono in corso sforzi per trovare un canale attraverso un'organizzazione non-profit».

The Interview.. Le email permettono infine di ricostruire, almeno in parte, la saga del film che, secondo il governo americano, avrebbe spinto i nordcoreani ad attaccare le reti informatiche della Sony, come rappresaglia.

A consigliare la multinazionale sul film è Bruce Bennett, un analista della Rand specializzato in Corea del Nord, che nelle email a Sony non fa alcun mistero di come la pensa sulla situazione del regime:«sono stato molto chiaro che l'assassinio di Kim Jong-un è il più probabile cammino verso un collasso del governo della Corea del Nord. E quindi, mentre smorzare il finale [del film “The Interview” in cui si assiste all'eliminazione del leader nordcoreano, ndr] può attenuare la reazione della Corea del Nord, io credo che una storia che parli della rimozione della famiglia Kim e della creazione di un nuovo governo da parte del popolo (o almeno le élite) darà inizio a una qualche forma di riflessione concreta nella Corea del Sud e, credo, nella Corea del Nord una volta che i dvd penetreranno nel Paese (cosa che sicuramente avverrà)». Questa email, peraltro già pubblicata dal “Daily Beast” poche settimane dopo l'hackeraggio, tenderebbe a suggerire, come fa notare il Daily che l'analista della Rand abbia effettivamente pensato al film come a uno strumento di propaganda politica degli Usa contro il regime della Corea del Nord. E le mail lasciano affiorare non solo il ruolo dell'analista Bruce Bennett, ma anche quello di un ex agente Cia.

Inizialmente, l'azienda sembra aver sottovalutato la reazione infuriata della Corea: «siamo sopravvissuti all'Opus Day (sic) e ai freak di Gesù Cristo durante il [lancio del film, ndr] su davinci (sic). Ad al Qaeda [dopo il film, ndr] zero dark thirty. Sopravviveremo anche a questo», scrivono i manager Sony. Ma poi le comunicazioni interne rivelano che la preoccupazione cresce tanto che l'analista Rand consiglia alla Sony di parlare con il dipartimento di Stato e la Nsa. La Sony ha effettivamente contattato la Nsa subito, alle prime reazioni indignate della Corea, come suggerito da Bruce Bennett, oppure l'ha fatto solo dopo aver subito l'hackeraggio? Impossibile trovare risposte nel database, ma se Sony si è mossa immediatamente con la Nsa non è irrealistico pensare che l'Agenzia fosse già dentro i sistemi della Sony prima che gli hacker sferrassero l'attacco.

L'unica cosa certa è che, a un certo punto, dentro Sony emerge l'idea di smorzare il finale del film, ma il regista Seth Rogen è così profondamente contrario a questa possibilità da arrivare a parlare di censura: «crediamo che la storia della censura e del tentativo di accontentare la Corea del Nord danneggerà di fatto il film dal punto di vista della critica e dunque da quello finanziario», scrive Seth Rogen alla Sony.

Le comunicazioni interne della multinazionale non forniscono ovviamente alcun elemento che permetta di capire se davvero la Corea del Nord sia colpevole per l'attacco. Nel database è presente una brochure confidenziale del 2011 sul software “Integrity” per tutelare sistemi informatici delicatissimi come quelli dei caccia F35 della Lockheed Martin, di infrastrutture critiche, come centrali, e di aziende che gestiscono dati finanziari o sanitari. Nell'opuscolo il sistema Integrity viene definito il “Fort Knox elettronico”, certificato dalla Nsa. Non è chiaro se la Sony adotti questo software per proteggersi. Se sì, visto il massiccio hackeraggio che ha subito, c'è solo da sperare che il Fort Knox degli F35 funzioni meglio di come non abbia funzionato nel caso di Sony.