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I servizi segreti sono fuori controllo

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su l'Espresso e su espressonline, 4 giugno 2015

(http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2015/06/04/news/i-servizi-segreti-sono-fuori-controllo-1.215629)

Le rivelazioni di Edward Snowden hanno gettato dubbi significativi sull’efficacia dei sistemi di controllo dei servizi segreti in vari paesi». A metterlo nero su bianco è Nils Muižnieks, lettone, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, che, a due anni esatti dallo scandalo Nsa, ha pubblicato un rapporto allarmante sul problema del controllo democratico dell’intelligence. Muižnieks, il più alto rappresentante per la protezione dei diritti umani in Europa, sostiene che «non c’è un solo Stato membro del Consiglio d’Europa il cui sistema di controllo sia conforme a tutti i principi e le buone pratiche accettati a livello internazionale e locale». Anzi, nonostante la tempesta mondiale scatenata dai documenti di Snowden, oggi «pochissimi Stati richiedono l’autorizzazione della magistratura prima di condurre attività di sorveglianza di massa, accesso alle comunicazioni o anche violare i computer». Un tema fondamentale per definire il rapporto tra diritti e sicurezza nel momento in cui molti Paesi europei concedono agli 007 la possibilità di vigilanza indiscriminata.

Nils Muižnieks, subito dopo lo scandalo Nsa, il parlamento dell’Unione europea ha invocato sistemi di controllo sulle attività dei servizi segreti più efficaci di quelli attuali. C’è un solo Paese che in Europa abbia fatto qualcosa di concreto?

«Credo che i progressi in questo settore siano lentissimi e per questo ho pubblicato il rapporto. Voglio stimolare un dibattito sulla necessità di rafforzare il controllo democratico delle attività dei servizi. Per due ragioni. Primo: le rivelazioni di Snowden e quanto emerso sulle extraordinary rendition americane e la complicità dell’Europa dimostrano che questo controllo non ha funzionato. Secondo: in questo contesto di allarme terrorismo, i governi stanno dando molti più soldi ai servizi, cosa che potrebbe essere legittima, ma vorrei che venissero dati anche più fondi a chi deve esercitare un controllo sulle attività dei servizi. I cambiamenti tecnologici rendono sempre più difficile una supervisione efficace: i controllori hanno bisogno di investimenti e capacità tecniche».

Dopo le stragi di Parigi il parlamento francese ha approvato una legge che conferisce enormi poteri all’intelligence, che può spiare le comunicazioni dei cittadini senza praticamente alcun controllo della magistratura. Anche in Italia si è cercato di introdurre misure estese di sorveglianza elettronica, anche se, per ora, il tentativo è stato respinto. Quale potrebbe essere un sistema efficace per controllare le attività dei servizi?

«Prima di tutto deve essere un sistema democratico, il che significa che i parlamenti dovrebbero essere coinvolti, perché sono loro ad avere una legittimità democratica: il controllo non deve essere fatto da un comitato di esperti, e i parlamenti dovrebbe avere poteri intrusivi in modo da poter capire cosa davvero fanno i servizi. Un secondo importante criterio sarebbe quello per cui prima di usare le misure più invasive come la sorveglianza, i servizi ottengano un’autorizzazione: un organo giudiziario, o anche semi-giudiziario, dovrebbe conoscere “ex ante” tutte le richieste di sorveglianza. Poi la magistratura dovrebbe avere un ruolo “ex post” per esaminare se le misure usate dai servizi rispettano un equilibrio (tra le esigenze di sicurezza e i diritti, ndr) e se altre misure, meno invasive, potevano essere usate in un certo caso specifico. Questi sono i principi che ho evidenziato nel mio rapporto e credo che sia essenziale che i governi procedano in questo senso o i servizi di intelligence perderanno la fiducia dell’opinione pubblica».

L’unico esempio positivo viene dalla Germania, dove il Bundestag ha messo in piedi una commissione parlamentare d’inchiesta, che sta facendo emergere verità gravi e imbarazzanti sulla cooperazione dei servizi tedeschi con la Nsa. Perché solo in Germania?

«Ho appena visitato la Germania e ho incontrato i membri della commissione d’inchiesta, che sono piuttosto attivi. Non sono completamente soddisfatti e non credono di aver scoperto tutto, ma ho apprezzato molto il loro interesse. Anche in Germania vogliono poteri più incisivi per il controllo dei servizi, vorrebbero più capacità tecniche e anche lì è in corso un dibattito su come rafforzare la vigilanza parlamentare sull’intelligence. Credo che la Germania per la sua storia speciale - dal nazismo alla Stasi - possa giocare un ruolo guida: ha le potenzialità di stimolare cambiamenti anche in altri Paesi».

Lei ha anche viaggiato in Italia per valutare il sistema di controllo dell’intelligence?

«Non ancora, ma spero che i parlamentari italiani leggano il mio rapporto con interesse e che io possa sollevare il problema nelle prossime visite».

Grazie ai file di Snowden, “l’Espresso” ha rivelato che in Italia, in un solo mese, la Nsa ha raccolto i metadati di 46 milioni di telefonate. I nostri servizi segreti hanno smentito qualsiasi complicità. Cosa potrebbero fare gli italiani per sfidare questa sorveglianza, ora che la Corte di Appello di New York ha dichiarando illegale la raccolta dei metadati delle telefonate degli americani?

«L’Italia ha un comitato parlamentare di controllo dei servizi. La prima cosa che i cittadini possono fare è richiedere al comitato di ottenere informazioni sulla raccolta di metadati e al primo ministro di aprire un’inchiesta interna. Ma i giudici italiani sono stati molti attivi nell’applicare le leggi all’intelligence, soprattutto in materia di terrorismo. La magistratura italiana è una delle pochissime che ha preso misure legali concrete per assicurare alla giustizia i responsabili di violazioni di diritti umani come le extraordinary rendition condotte dalla Cia. È chiaro che, senza la cooperazione degli Stati Uniti, sarebbe difficile ottenere giustizia, ma credo che la recente sentenza della Corte d’Appello Usa apra uno spiraglio che i magistrati europei possono usare».