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Snowden, arriva il sostegno del New York Times

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su espressonline, 2 gennaio 2014

(http://espresso.repubblica.it/internazionale/2014/01/02/news/snowden-arriva-il-sostegno-del-new-york-times-1.147535)

«Considerando l'enorme valore delle informazioni che ha rivelato e gli abusi che ha esposto, Snowden merita una vita migliore dell'esilio permanente, della paura e della fuga. Può aver commesso un reato nel fare quello che ha fatto, ma ha reso un grande servizio al suo Paese». A sette mesi dell'esplosione dello scandalo Nsa, innescato dai file top secret rivelati da Edward Snowden, a schierarsi a fianco dell'ex contractor della National Security Agency (Nsa), senza se e senza ma, è il più importante quotidiano degli Stati Uniti: il New York Times. L'appoggio arriva tardi, dopo ben sette mesi, ma finalmente arriva.

In un editoriale appena pubblicato, la “Signora in grigio” del giornalismo americano argomenta che «è tempo che gli Stati Uniti offrano a Snowden un accordo o una qualche forma di clemenza che gli consenta di rientrare, di affrontare come minimo una pena sostanzialmente ridotta alla luce del suo ruolo come whistleblower e di avere la speranza di condurre una vita come testimonial di una società che vuole una maggiore privacy e una supervisione molto più forte della comunità dell'intelligence, che è fuori controllo». Sono parole forti e chiare, quelle che, per la prima volta il New York Times spende per Edward Snowden. Parole che non ha mai speso, ad esempio, per Chelsea Manning (già noto come Bradley Manning), la fonte delle rivelazioni di WikiLeaks, condannata a 35 anni per avere passato i file segreti all'organizzazione di Julian Assange.

Che Edward Snowden sia come Chelsea Manning un whistleblower, ovvero un insider che, venuto a conoscenza di comportamenti illegali o comunque contrari alle regole della civiltà da parte del governo o di un'azienda, decide di denunciarli nel pubblico interesse, pur sapendo che andrà incontro a ritorsione certa, il New York Times non lo mette in dubbio minimamente: non un passaggio dell'editoriale lascia trapelare dubbi sulle reali intenzioni di Snowden, non una sola riga condanna la sua scelta di chiedere asilo alla Russia di Putin, dopo aver provato a chiedere asilo a 21 paesi, tra cui l'Italia, che gli hanno semplicemente sbattuto la porta in faccia.

«Snowden vive ora in Russia, per sfuggire all'incriminazione per spionaggio e furto, e rischia di dover passare il resto dei suoi giorni guardandosi le spalle. Considerando l'enorme valore delle informazioni che ha rivelato e gli abusi che ha esposto, merita una vita migliore che l'esilio permanente, la paura e la fuga», scrive il Times, facendo chiarezza – speriamo una volta per tutte - sui dubbi che da mesi aleggiavano intorno alle scelte di Snowden. Appena il caso è esploso, infatti, decine di firme prestigiose del giornalismo mondiale hanno messo in dubbio le reali motivazioni dell'ex contractor. In particolare i media italiani hanno raccontato la saga di Snowden rievocando i fantasmi della Guerra fredda e la guerra di spie che defezionavano dall'America alla Russia e viceversa. Ma l'editoriale del New York Times non lascia spazio a sospetti: Snowden è un whistleblower che ha reso un grande servizio alla comunità, è la linea del grande giornale, che in passato non è stato certo tenero con Chelsea Manning o con la madre di tutti i whistleblower: WikiLeaks.

Oltre a prendere una posizione netta su come vanno lette le scelte di Snowden, il grande quotidiano demolisce anche la posizione del presidente Obama sull'affaire. Ricordando che, ad oggi l'ex contractor è incriminato in base all'Espionage Act, una legge del 1917 pensata per punire le spie che tradivano l'America passando informazioni al nemico, e per il furto dei documenti top secret, a cui, come contractor, aveva legittimo accesso. Il New York Times calcola che, se Snowden rientrasse a casa, passerebbe molto probabilmente la vita in prigione, «una condanna che Snowden sta, comprensibilmente, cercando di evitare». Obama, sottolinea il Times, ha dichiarato che se il giovane contractor avesse voluto evitare una tale condanna avrebbe potuto semplicemente denunciare quanto aveva appreso ai suoi superiori, usando cioè i canali interni e il presidente si attribuisce il merito di aver «firmato, molto prima che Snowden facesse uscire queste informazioni, un ordine esecutivo che fornisce per la prima volta protezione ai whistleblower che appartengano alla comunità dell'intelligence». Peccato, però, che questo ordine esecutivo introdotto da Obama non sia applicabile ai contractor, ricorda il New York Times, smascherando le argomentazioni del presidente, ma dimenticando di ricordare che whistleblower, come Thomas Drake, che si sono rivolti ai canali ufficiali e ortodossi per denunciare gli abusi della Nsa sono finiti comunque incriminati per spionaggio, esattamente come è successo a Edward Snowden.

Nel chiudere la sua difesa del giovane whistleblower, il Times elenca la lunga sequela di violazioni rivelate dai file top secret: la Nsa ha infranto le leggi federali sulla privacy o ha abusato del suo potere migliaia di volte nel corso di un anno, secondo gli stessi auditing interni dell'Agenzia; ha forzato le connessioni di data center operanti in tutto il mondo, spiando centinaia di milioni di account e facendo infuriare le aziende che possiedono quei centri e che ora stanno cercando soluzioni per impedire alla Nsa di penetrare i loro sistemi; l'Agenzia ha «sistematicamente minato i sistemi criptati alla base della Rete, rendendo così impossibile sapere se dati sensibili come quelli bancari e sanitari siano davvero protetti e danneggiando gli affari che si basano su quei sistemi»; la fuga di file ha rivelato che lo zar della comunità dell'intelligence Usa, James Clapper, ha mentito al Congresso, testimoniando nel marzo scorso che la Nsa non raccoglie dati di milioni di americani, una menzogna smentita nel modo più totale da centinaia di file rivelati da Snowden. Il Times sottolinea come, ad oggi, non si sia neppure discussa la possibilità di punire Clapper per questa falsa testimonianza davanti al Congresso, mentre per Snowden che ha permesso di denunciare questa grave menzogna l'incriminazione è scattata all'istante. Non solo: l'Agenzia ha fornito false informazioni alle “Foreign Intelligence Surveillance Court”, che di fatto sono l'unico strumento di supervisione dei programmi di sorveglianza della Nsa. Infine, secondo la sentenza del giudice federale, Richard Leon, il programma di raccolta dei metadati telefonici dei cittadini americani viola il Quarto emendamento della Costituzione.

«Guardando indietro», conclude il New York Times, Snowden era chiaramente giustificato nel ritenere che l'unico modo di far scattare l'allarme su questo modo di raccogliere intelligence fosse di esporlo al pubblico e fare in modo che il furore [risultante dall'esposizione ] facesse quello che i suoi superiori non avevano fatto». L'ultima stoccata è per quella che il quotidiano chiama la “rumorosa compagnia dei critici”, ovvero quelli che dicono che Snowden ha provocato un profondo danno alle operazioni di intelligence degli Stati Uniti, «ma nessuno di loro ha presentato uno straccio di prova che le sue rivelazioni abbiano davvero danneggiato la sicurezza della nazione», scrive il Times, con una scrittura franca, diretta, penetrante, che mai prima abbiamo visto in azione quando si trattava di difendere le azioni di Chelsea Manning o di WikiLeaks, che -è importante ricordarlo- secondo quanto ha concluso la stessa Corte marziale che ha processato Manning, non hanno causato la morte di una sola delle persone citate nei file pubblicati da WikiLeaks.