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Manning uscirà nel 2048

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su espressonline, 21 agosto 2013

(http://espresso.repubblica.it/internazionale/2013/08/21/news/manning-uscira-nel-2048-1.57999)

Trentacinque anni di carcere e un congedo con disonore. E' questa la pena a cui la fonte di WikiLeaks, Bradley Manning, è stato condannato dalla corte marziale. In prigione da tre anni e tre mesi, Manning ci resterà dunque fin quando non avrà 61 anni.

La colpa di Manning è stata avere rivelato al mondo un video del Pentagono, pubblicato nell'aprile 2010 da WikiLeaks con il titolo ' Collateral Murder ', che testimoniava come nel luglio 2007 un elicottero americano Apache sparò su civili inermi a Baghdad, tra cui un padre che portava i bambini a scuola e due cameraman della Reuters. 91.920 file del Pentagono sulla guerra in Afghanistan e 391.832 su quella in Iraq: report dal campo che riferiscono in modo fattuale i due conflitti, rivelandone la vera faccia, al di là della propaganda, documenti che hanno permesso di scoprire, tra le altre cose, 15mila vittime civili della guerra in Iraq, completamente sfuggite alla contabilità generale. 251.287 cablo della diplomazia Usa, che raccontano la realtà delle relazioni diplomatiche degli Stati Uniti con tutti i paesi del mondo. Infine 779 schede personali dei detenuti di Guantanamo, da cui emerge che, su 779 prigionieri, solo 220 sono schedati dagli stessi americani come terroristi di grosso calibro, il resto sono milizie di pericolosità medio-bassa e 150 sono completamente innocenti.

Bradley Manning passerà gran parte della sua vita in prigione per aver fatto conoscere al mondo informazioni a cui, altrimenti, non avremmo potuto avere accesso, perché blindate dal segreto. «Se tu avessi mano libera su reti coperte dal segreto per lunghi periodi di tempo», aveva scritto nella chat che lo avrebbe portato all'arresto, «e vedessi cose incredibili, cose terribili...che riguardano la vita di tutti, e che non devono finire archiviate in un server in qualche stanza buia di Washington DC...che faresti?».

Bradley Manning ha fatto quello che gli suggeriva la coscienza: ha scaricato i file, li ha consegnati a WikiLeaks, che a sua volta li ha condivisi con media e giornali di tutto il mondo: dal New York Times, al Guardian, dal Washington Post a l'Espresso, che da quattro anni a questa parte lavora al rilascio di tutti i documenti segreti dell'organizzazione di Julian Assange.

«Se avessi avuto intenzioni maligne, avrei potuto venderli [i documenti, ndr] alla Russia e alla Cina e farci soldi», aveva raccontato nella chat, Bradley Manning. E invece tutto quello che ha fatto è stato di passarli a un'organizzazione giornalistica, perché li pubblicasse. Manning è la quintessenza del whistleblower: l'insider che, facendo parte di un'organizzazione o lavorando per un'azienda e scoprendo che questa fa qualcosa di sporco, di profondamente contrario alle regole della legalità o comunque della civiltà, fa scattare l'allarme, denunciando pubblicamente, pur sapendo che andrà incontro a rappresaglia sicura. E di fatto mai il governo americano ha sostenuto in alcuna sede, neppure in quella processuale, che il giovane soldato abbia agito per ragioni diverse. Eppure - ed è questo il paradosso - contro Manning la corte marziale ha usato l'Espionage Act, equiparando l'atto di passare informazioni segrete alla stampa a un atto di vero e proprio spionaggio.

Più che la Giustizia, nel caso Bradley Manning, abbiamo visto in azione una potentissima setta: quella della sicurezza nazionale, ormai una vera e propria "religione di stato", come l'ha efficacemente ribattezzata il whistleblower, Thomas Drake, che prima ancora di Edward Snowden ha denunciato gli abusi della National Security Agency.

La nuova religione di stato si fonda sul dogma assoluto della protezione dei segreti. Un dogma che non ammette violazioni. Sì, perché l'enorme complesso militare-industriale e d'intelligence che agisce in nome della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, poggia le sue fondamenta su un gigantesco grumo di segreti. Basta considerare un dato ufficiale diffuso dallo stesso Office of the Director of National Intelligence: in America, ormai, il numero di persone autorizzate a gestire documenti e informazioni segrete è arrivato a superare i 4,9 milioni. Cinque milioni di individui che vivono in un mondo supersegreto che maneggia informazioni cruciali per le vite di tutti noi. Una comunità chiusa, autoreferenziale, dove la possibilità di supervisione democratica di fatto non esiste, perché chi ha provato a far scattare l'allarme su crimini, abusi, illegalità, cercando di usare meccanismi di supervisione interna approvati e considerati 'legittimi', è finito sotto accusa e rovinato, come è successo a Thomas Drake.

Per i custodi della sicurezza nazionale l'idea che un giovane soldato di 22 anni abbia agito secondo coscienza, invece che obbedire agli ordini, e sia riuscito in un colpo solo fare uscire quasi un milione di documenti segreti, che rivelano crimini, impunità, doppi giochi, bugie, è il peggiore incubo. Il granello di sabbia che rischia di far saltare l'enorme macchina che aziona carriere, affari, contratti miliardari, tutto in nome della sicurezza nazionale.

Per questo nessuno ha mai dubitato che il governo americano volesse fare di Bradley Manning e di WikiLeaks un caso esemplare: per mandare un messaggio chiaro, inequivocabile. Chiunque si azzarderà a fare quello che ha fatto Manning, verrà distrutto, la sua vita verrà azzerata, massacrata.

Per questo la macchina della propaganda si è azionata subito, condannando i rilasci di documenti da parte di Manning e WikiLeaks come un'azione criminale e irresponsabile. «Hanno le mani sporche di sangue», aveva sentenziato subito il Pentagono. E invece tre anni dopo, non risultano morti o danni, come ha raccontato anche l'agenzia di stampa internazionale Reuters, rivelando che un esponente del governo che aveva subito un briefing sulle conseguenze della pubblicazione dei file aveva ammesso «che l'amministrazione si sente obbligata a sostenere pubblicamente che le rivelazioni hanno causato un grave danno agli interessi americani in modo da supportare gli sforzi per chiudere il sito di WikiLeaks e incriminare i leader dell'organizzazione ( leggi ).

Che i documenti rivelati da Bradley Manning non abbiano causato danni agli Stati Uniti è stato confermato niente meno che Robert Gates, l'allora segretario alla Difesa, che commentò così ( leggi ): «Molti governi - perlomeno alcuni di loro - hanno rapporti con noi perché ci temono, alcuni perché ci rispettano, la maggior parte di loro perché hanno bisogno di noi. Siamo essenzialmente una nazione indispensabile. E quindi le altre nazioni continueranno a fare affari con noi, a lavorare con noi, a condividere informazioni sensibili con noi. [La rivelazione di queste informazioni segrete, ndr] è stata imbarazzante? Certo che lo è stata. E' stata terribile? Sì, lo è stata. E quali sono state le conseguenze per la politica estera americana? Credo piuttosto modeste».

Se Bradley Manning invece di agire secondo coscienza, avesse ucciso e torturato, se fosse volato in giro per il mondo per mettere a segno le extraordinary rendition, oggi sarebbe un uomo libero come l'aria, come lo sono tutti gli agenti della Cia e delle agenzie di intelligence che hanno eseguito gli ordini. Libero e protetto dal governo Usa, come è Robert Seldon Lady, ex capo centro della Cia a Milano, fatto rientrare in fretta e in furia negli Stati Uniti da Panama per evitare l'estradizione in Italia, dove è stato condannato in via definitiva per la rendition di Abu Omar. "E invece Bradley agli ordini ha anteposto la coscienza. E invece di partecipare alle torture, ha scelto di denunciare i crimini di guerra. Per questo gli altri sono liberi, mentre oggi lui è stato condannato a 35 anni e congedato con disonore. La chiamate Giustizia?"