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UNA SPERANZA CHIAMATA THORA

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su l'Espresso, 22 giugno 2012

(http://espresso.repubblica.it/dettaglio/una-speranza-chiamata-thora/2185044)

E' giovane, determinata e ha studiato sodo. Thora Arnorsdottir suscita tante speranze nell'Islanda che vuole un cambiamento radicale, dopo che il crollo economico del 2008 ha portato l'isola di ghiaccio da standard di vita elevatissimi a una crisi da cui il Paese fatica a uscire.

Trentasette anni, giornalista della tv pubblica Ruv, madre di tre bambini, di cui una appena nata, la Arnorsdottir è candidata alla presidenza della Repubblica nelle elezioni che si terranno il 30 giugno. Gli ultimi sondaggi la danno al 49 per cento, 14 punti sopra il presidente uscente, Olafur Grimsson, che si è ricandidato, nonostante sia al potere da 16 anni e sia percepito dai molti islandesi come un fautore dei cosiddetti "bankster", un incrocio tra "banchieri" e "gangster", contro cui c'è una forte rabbia tra i cittadini. A precipitare il Paese nell'abisso finanziario, è stato il collasso delle tre più grandi banche dell'isola.

"L'Islanda ha sofferto molto nel 2008", racconta Arnorsdottir, "è stato un crollo enorme, ma io sento che è arrivato il momento di cambiare, la gente non ne può più: siamo 320 mila persone su quest'isola. Abbiamo la pesca, che va molto bene, tanta energia verde e una popolazione molto creativa e con alti livelli di istruzione. Certo che ci sono dei problemi, ma possono essere risolti".

Gli amici la descrivono come una donna concreta e con il senso dell'umorismo, una abituata a lavorare sodo, anche perché non viene dagli ambienti del privilegio e anzi la sua famiglia è originaria del Westfiords, la penisola più a nord dell'Islanda, terra di piccole fattorie ai piedi di montagne che precipitano su fiordi stretti, con acque pescosissime, ma pericolose. Per un paese che ha conosciuto l'industrializzazione solo dopo la Seconda guerra mondiale, il ricordo della vita dura è ancora vivo. E la gente del Westfiords è tosta e con una coscienza politica, caratteristiche che lei sembra avere nel Dna. Crescere in una famiglia di cinque figli, dove era l'unica bambina e per giunta la più piccola, ha fatto il resto: è competitiva. Ama la natura, la vita all'aperto e non le piace spendere soldi in vestiti costosi, una cosa difficile da credere per chi osserva questa giovane donna impeccabile. "Gli abiti eleganti con cui appare in video sono della tv per cui lavora", ci confida un suo collega.

Dopo una militanza giovanile nel vecchio partito socialdemocratico islandese, è andata all'estero a studiare all'università americana Johns Hopkins, che l'ha portata a Washington D.C. e anche a Bologna, dove l'ateneo ha una sede. Per questo motivo parla un ottimo italiano e ama l'Italia. Poi la carriera giornalistica e ora la politica. "Ho dovuto pensarci tanto avendo un lavoro, la famiglia, ero contenta. Ho dovuto capire se era quello che volevo, alla fine ho deciso di sì, perché il nostro presidente è lì da 16 anni: un tempo molto lungo per una democrazia".

In Islanda il presidente è una figura apolitica, con funzioni essenzialmente rappresentative. "E' eletto direttamente dal suo popolo con cui ha una relazione speciale: io vorrei usare Internet per rafforzarla". La trasparenza, poi, è al primo posto del programma: "Prima del crollo, l'Islanda era percepita come una nazione molto trasparente, poi, però, tutte le indagini e le ricerche hanno confermato che la trasparenza era limitata, o addirittura inesistente, c'erano problemi di corruzione, e questo è qualcosa da cui dobbiamo imparare".

Ad alzare per prima il velo delle illusioni sull'Islanda è stata l'organizzazione di Julian Assange, WikiLeaks, che, nel luglio 2009, rilasciò un documento riservato secondo cui la terza banca del Paese, la Kaupthing Bank, avrebbe prestato milioni di euro ai suoi azionisti senza le necessarie garanzie. La televisione pubblica però non poté neppure accennare a quel dossier, perché messa sotto scacco dai legali della banca. WikiLeaks, invece, non si piegò alle minacce di querele e non accettò di rimuovere il file dal proprio sito: poco dopo, scoppiò il bubbone Kaupthing Bamk. La Arnorsdottir non nasconde il suo sostegno a WikiLeaks: "Finché non mette a rischio la vita di qualcuno, è da appoggiare".

L'Islanda, che è finita per prima nello tsunami finanziario, ha consigli da dare a paesi come l'Italia, sull'orlo del precipizio? "E' molto difficile dare consigli", risponde la Arnorsdottir, "sia perché l'economia italiana è molto più grande, sia perché i problemi sono profondamente diversi: quella islandese non è una crisi del debito pubblico come quella italiana ma dei debiti delle banche private, cresciuti fino a esplodere". E i banchieri islandesi hanno pagato per la catastrofe? "C'è un magistrato che si occupa di indagare solo sulle cause del crollo. Sta ancora lavorando e io sono fiduciosa: so che si è concentrato sui pezzi grossi".
Le elezioni di giugno potrebbero spazzare via la figura politica percepita da molti come un sodale delle banche. Se avvenisse, nel palazzo presidenziale entrerà la sua famiglia allargata, formata da sei figli, inclusa l'ultima arrivata. A quel punto, l'Islanda avrà il presidente donna, il primo ministro donna, lo speaker del Parlamento donna e perfino il vescovo d'Islanda donna. Della serie, speriamo che sia femmina.