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CHI HA PAURA DI WIKILEAKS - COLLOQUIO CON KRISTINN HRAFNSSON

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su l'Espresso, 7 aprile 2011

Il primo colpo venne lanciato un anno esatto fa: il video segreto con le immagini girate da un elicottero americano mentre uccide un cameraman a Baghdad. Da quell'omicidio collaterale - come venne intitolato il video - in poi WikiLeaks ha messo a segno un'ondata di
scoop che hanno cambiato il concetto stesso di segretezza, costringendo i potenti della Terra a rivedere le loro certezze. Kristinn Hrafnsson è il numero due dell'organizzazione, che guida al fianco di Julian Assange.

Gli occhi di ghiaccio caratteristici della sua Islanda hanno una capacità impressionante di inquadrare le persone, ma vengono
stemperati dall'ironia e dal calore con cui affronta le discussioni. "L'Espresso" lo ha incontrato in occasione della sua visita per ritirare il premio International Reporter of the Year appena assegnato a WikiLeaks dall'Unione cronisti italiani.

Molti pensano che la stagione delle vostre “megaleaks”, con ondate di rivelazioni, sia agli sgoccioli. E' così?

«Non voglio fare promesse, ma credo che ci saranno ancora massicci rilasci di file su potenti e grandi aziende che hanno abusato del loro potere».

Tutti vogliono sapere dei vostri documenti sulle banche...

« Abbiamo materiale, ma sarò molto attento a non dire quando e come sarà pubblicato. Questa cautela fa parte della nostra linea ed è particolarmente importante per le informazioni sulle istituzioni finanziarie, che sono complesse e devono essere verificate. Ci vorrà tempo».

Negli ultimi mesi è stato svelato un piano per distruggervi: un'operazione che sarebbe stata commissionata dalla Bank of
America alla società HBGary. Il gruppo hacker Anonymous, però, si è infilato nel sistema Informatico della HBGary, smascherando la trama. Siete rimasti colpiti dalle rivelazioni?

«Per niente. Le grandi istituzioni finanziarie hanno cercato di dare il loro contributo nel fermare WikiLeaks, tagliando i finanziamenti, come hanno fatto Visa, Mastercard, Bank of America. L'idea è di strangolarci, bloccando le donazioni. Il piano è simile a quello del Dipartimento della Difesa della primavera del 2008: distruggere la credibilità delle persone, infiltrare il gruppo, farci arrivare documenti falsi. Una guerra sporca contro di noi››.

“L'Espresso" ha cominciato a collaborare con WikiLeaks due anni fa. All'inizio pubblicavate tutto, ora invece sembrate affidarvi al giornalisti per selezionare i dati che possono mettere a rischio la vita delle persone citate. Le vostre operazioni sono cambiate?

«Cambiano in base al tipo di documenti che abbiamo. Di base, però, crediamo che tutto debba essere pubblicato. E' questo che promettiamo alle nostre fonti, che corrono rischi seri nell' inviarci documenti: avere il massimo impatto. La collaborazione con “I'Espresso" è stata
molto buona».

Julian Assange è un personaggio capace di suscitare grandi entusiasmi e grande odio. Crede che il procedimento svedese per stupro ne intaccherà la leadership?

«Non credo. Julian è il parafulmine dell'organizzazione, la persona su cui si scaricano sia la furia che il prestigio, ma vedo che i potenti stanno cambiando atteggiamento: hanno capito che il rilascio di questi documenti non finirà e che WikiLeaks non è un'iniziativa destinata a sparire. E' qualcosa che sta cambiando la realtà del giornalismo. E l'opinione pubblica crede che questo sia positivo:
chiunque abbia potere deve risponderne».

Dunque andrete avanti...

«Niente può fermarci,perché se anche ammazzassero tutti i membri, nessuno può cancellare l'ideale che ci alimenta: non puoi ammazzare un'idea››.


Precisazione: l'azienda responsabile del piano anti-WikiLeaks (emerso grazie ad Anonymous) non è HBGary, come indicato nel pezzo, ma HBGary Federal.