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CYBERPOLIZIOTTI IN AZIONE - INTERVISTA A DOMENICO VULPIANI

Di Stefania Maurizi

Pubblicata su L’Espresso, 21 giugno 2007

Sono la prima linea contro i crimini più avanzati, dalle truffe telematiche alle intercettazioni abusive. E sono anche l’unica barriera contro l’adescamento dei tecno-pedofili, come ha riconosciuto il presidente della Repubblica, premiandoli lo scorso 11 maggio. Adesso a guidare i 2000 agenti della polizia postale c’è Domenico Vulpiani, con esperienze solide nell’antiterrorismo.

Dottor Vulpiani, che tipo di background ha il cyberpoliziotto?

Abbiamo laureati in informatica e “smanettoni”, affiancati invece da personale con l’esperienza investigativa della strada, delle squadre mobili e della Digos. Il palmare della BR Nadia Lioce è stato decrittato da noi. I contenuti erano criptati con il sistema PGP, ma dopo tre mesi siamo riusciti a tirar fuori i documenti, compreso un numero di telefono dell’organizzazione.

Non è un pò ingenuo l’uso di queste tecnologie da parte di terroristi e criminali? Lasciano sempre una traccia...

Pensano sempre di essere più furbi e credono che basti usare dieci telefonini con schede rubate. E invece il trafficante di droga ha sì dieci cellulari, ma poi ci parla sempre lui...

Voi contribuite anche a sorvegliare l’uso delle comunicazioni da parte del fondamentalismo islamico. Perché in questo caso le indagini sono tanto difficili e Al Qaeda fa circolare i file video e audio che vuole?

Sono indagini difficili perché, intanto, le comunicazioni partono da paesi compiacenti. Per smantellare le reti pedofile, è possibile chiedere collaborazione a qualunque paese, perché c’è una volontà collettiva di proteggere i bambini, nella lotta al fondamentalismo islamico è diverso. Poi c’è la barriera dei sistemi di crittografia e delle lingue usate nelle comunicazioni.

Passando ai pedofili, state mettendo in piedi il Centro nazionale per la lotta alla pedopornografia online. E’ veramente un fenomeno così massiccio?

Sì, c’è un’esplosione tremenda. Il telefonino, per esempio, era fino a qualche anno fa un ‘pezzo di ferro’ che serviva solo a chiamare, ora no. I pedofili cercano sempre immagini nuove e se le scambiano via internet o cellulare. Ma per ottenerle, devono inviare in cambio nuove foto e video, che vengono prodotti abusando dei bambini. Così questo scambio massiccio istiga violenze sui minori, che forse non si verificherebbero se non ci fosse questa pressione a dover mandare sempre immagini nuove.