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AL MERCATO DEI VISTI

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su L'espresso, 15 aprile 2010

E' ancora la Somalia dei misteri e degli intrighi italiani quella che emerge dall'ultimo rapporto Onu. Al centro delle preoccupazioni del Monitoring Group, il gruppo di diplomatici delle Nazioni Unite che vigilano sull'embargo alle armi dirette verso il Corno d'Africa, c'è un'oscura svendita di visti che coinvolge, secondo le indagini citate nel dossier, l'ambasciata italiana a Nairobi, in Kenya. Lì è di stanza il nostro rappresentante diplomatico presso il Governo Transitorio Somalo, dal momento che l'Italia non ha un'ambasciata a Mogadiscio. Il traffico di visti, scrivono gli ispettori Onu, ha permesso di far transitare a Roma e a Milano personaggi somali in alcuni casi riconducibili a movimenti armati dell'estremismo islamico (come l'organizzazione jihadista al Shabaab) e a quella pirateria che infesta le coste della Somalia. Un paradosso, perché il nostro paese è in prima linea nella missione navale europea contro i pirati, guidata dal contrammiraglio Giovanni Gumiero. Questo mercato dei visti coinvolgerebbe figure politiche di altissimo livello della Somalia, gente del calibro del vice premier, nonché ministro per le Risorse del mare, Abdirahman Ibrahim Adan Ibbi, e i ministri per gli Affari costituzionali e per la famiglia, Madoobe Nunow Mohamed e Fowsiya Mohamed Sheikh. Esponenti di punta del governo riconosciuto dall'Occidente nel caos della Somalia devastata da 20 anni di guerre.

Il monitoring group non si fa illusioni: “La limitata capacità del Governo Transitorio Somalo di pagare i suoi rappresentanti e le forze di sicurezza è messa a rischio da una corruzione radicata a tutti i livelli: comandanti e truppe arrivano perfino a vendere armi e munizioni ai loro nemici”. Anche il mercato dei visti è fonte di forte preoccupazione per l'Onu. Nelle delegazioni che accompagnano ministri e politici somali in missione all'estero, s'infiltrano personaggi che, spacciandosi per familiari o assistenti, riescono a ottenere un visto per una cifra che oscilla tra i 12 e i 15mila euro, e poi, una volta in Europa, si dileguano. Il rapporto chiama in causa direttamente l'ambasciata italiana a Nairobi, in Kenya, dove il Monitoring Group avrebbe “individuato una dipendente dell'ufficio consolare che sarebbe il principale punto di contatto per le richieste fraudolente di visti” e che agirebbe con la complicità di un broker: “la moglie di un eminente uomo d'affari somalo, che vive a Nairobi”. Nel dossier non figurano nomi e, alla richiesta di commento da parte de “L'espresso”, la Farnesina ha voluto solo sottolineare la delicatezza della materia, su cui sarebbe in corso un'indagine.

Il rappresentante dell'Italia presso il Governo Transitorio Somalo ha comunicato ai diplomatici Onu tutte le azioni da lui intraprese per risolvere un problema, che non sarebbe affatto recente. Una semplice frode in mano a una dipendente di una nostra ambasciata? “Tutti sospettano qualche altra cosa”, racconta a L'espresso una fonte diplomatica delle Nazioni Unite che pretende l'anonimato, “ma hanno le bocche cucite”. Il documento del Monitoring Group ricostruisce anche il ruolo di un personaggio chiave: Abdiaziz Abdullahi Mohamed “Abdi-hukun”, che siede nel parlamento somalo fin dal 2004 e vive in Kenya. “Nell'aprile 2009”, recita il dossier, “Abdiaziz chiese due visti all'Ambasciata italiana per due membri della sua famiglia, i due viaggiarono fino a Milano, ma poi lasciarono l'Italia con documenti falsi per andare in un altro paese. Le nostre indagini portano a credere che entrambi fossero membri di un gruppo armato di opposizione, probabilmente di al Shabaab”. Ossia della milizia legata ad Al Qaeda.