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PARTITI PER LA TANGENTE

di Gianluca Di Feo (ha collaborato Stefania Maurizi)

Pubblicato su L’espresso, 23 dicembre 2008

Corruzione liquida. Quello che emerge dalle ultime inchieste, concentrate soprattutto sulle amministrazioni di centrosinistra, è un malaffare a macchia d'olio. Con regole duttili e meccanismi difficili da sanzionare con gli strumenti del codice penale. Non ci sono più i sistemi geometrici della prima Repubblica dove ogni ente o ministero aveva il suo tariffario: quanto pagare, che quota destinare a ogni partito, a quali cassieri nazionali o locali rivolgersi. Oggi tutto è diverso. È uno schema feudale, da basso impero, con dinamiche che cambiano in fretta. Ci sono comitati di interessi che sembrano bande, avvinghiati sul territorio, dove non si accetta il minimo gesto di tradimento: lo testimoniano le minacce contro una delegata pd punita dai compagni di partito per avere appoggiato un altro candidato alle primarie. Molto più forti appaiono alcuni grandi gruppi imprenditoriali, capaci di imporsi in determinate aree geografiche e da lì costruire rapporti con i leader romani dei partiti. Le indagini hanno evidenziato il ruolo di Salvatore Ligresti a Firenze, quello di Alfredo Romeo soprattutto a Napoli e Roma ma nelle intercettazioni sono citate altre aziende con un forte radicamento territoriale. Tra loro, il Consorzio Etruria, raggruppamento cementato intorno alle coop rosse.

Se esistesse una super-procura anti-corruzione, potrebbe facilmente scorgere gli elementi e i nomi comuni alle varie indagini dell'ultima stagione. Perché dalla celebre inchiesta di Santa Maria Capua Vetere, che diede il colpo di grazia al governo Prodi, fino alle retate di dicembre sono molti gli snodi in comune. Se i partiti sembrano distinti - quell'istruttoria riguarda soprattutto l'Udeur, quella di Firenze l'area ex Ds e quella di Napoli la ex Margherita - meccanismi e procedure si intrecciano. Prendete Carlo Camilleri, il consuocero di Clemente Mastella. Nelle intercettazioni annuncia: "Da domani comincio a battagliare per il Polo Logistico di Benevento perché mi dicono che qua ci stanno tutti quanti i jolly". Di cosa parlava? Il progetto nasce su proposta del Consorzio Etruria e del Consorzio Toscano costruzioni, che uniscono le aziende protagoniste di opere fiorentine realizzate dai personaggi finiti nell'istruttoria condotta dalla procura e dai carabinieri del Ros. A sponsorizzarlo sono soprattutto gli assessori regionali della giunta Bassolino.

Si parla però solo di appalti pilotati: accordi tra ingegneri e architetti che sempre più spesso fanno da trait d'union tra partiti e imprese. Nelle intercettazioni non ci sono mazzette. Scorrono pochi quattrini, assolutamente non proporzionati alle commesse. Mance come quelle di Fondiaria all'assessore Graziano Cioni - che resta sulla sua poltrona a Palazzo Vecchio nonostante lo scandalo - o le raccomandazioni per garantire un posto a parenti e protetti nelle società di Ligresti o Romeo. A leggere gli atti gli imprenditori offrono soprattutto casa e lavoro, appartamenti scontati ed assunzioni: i beni tradizionalmente più cari agli italiani.

Tutto qui? La nuova Tangentopoli è senza tangenti? Almeno per ora, sì. Perché quelli analizzati nei provvedimenti di custodia cautelare sono soprattutto appalti prossimi venturi: "Deliberati ma non aggiudicati", come scrive il giudice, quelli di Romeo per gli enti napoletani; ancora da edificare e vendere nell'area Castello di Ligresti; non assegnati nel caso delle accuse petrolifere di Potenza contro il deputato Pd Salvatore Margiotta. Diverso il discorso sui cantieri già consegnati. Le commesse milionarie per la gestione di case popolari e immobili pubblici vinti da Romeo a Milano (vedi box), nei ministeri ma soprattutto nelle città dove potevano pesare le sue relazioni con gli ex dc. L'avvocato vuole entrare (come dimostra la telefonata con Renzo Lusetti) anche nel business fiorentino ma il congresso toscano della Margherita non premia i 'suoi' candidati. Appalti futuri, reati virtuali. Diversa storia è la gestione delle gare per le case popolari e gli immobili pubblici messe in tasca dall'avvocato partenopeo a Roma e Napoli. E cosa è successo intorno alle grandi opere assegnate in riva all'Arno dagli assessori e dai tecnici travolti nell'inchiesta su Castello: dal parcheggio della Fortezza al Sottopasso, già oggetto di un'indagine della Finanza per danno erariale, alla tramvia che ha spaccato la città?

Ma nessuno parla al telefono di tangenti. E senza confessioni, è duro ipotizzare la corruzione. La vecchia Mani pulite era alimentata da un meccanismo di lunghe detenzioni in carcere e conseguenti rivelazioni. Oltre all'uso delle manette, sulla crescita dell'inchiesta aveva influito il crollo dei partiti tradizionali e la crisi economica, spingendo gli industriali a fare nomi fino ad allora intoccabili. Un meccanismo che, nonostante nelle ultime indagini le persone in carcere siano pochissime, potrebbe ripetersi ora che gli assetti politici del centrosinistra traballano: qualcuno degli arrestati potrebbe essere spinto a collaborare, investendo su nuovi referenti per il futuro. Quello che fece Alfredo Romeo nel 1993.

Oppure possono esserci incidenti che aprono una crepa nella rete di interessi. Prendete il caso di Terni, dove una piccola inchiesta potrebbe aprire grandi scenari. A novembre sono finiti in carcere quattro dirigenti della Soprintendenza di Perugia, accusati di avere intascato 70 mila euro per chiudere un occhio sui cantieri di una ditta specializzata in restauri. Ma la sorpresa è arrivata quando le Fiamme gialle hanno perquisito la sede romana della Olimpo Srl: c'erano 250 mila euro, già divisi in mazzette con i nomi dei destinatari. In più una sorta di libro mastro delle tangenti, con sigle ancora da decifrare. Il giudice ha scritto: "Sussistono in altre regioni d'Italia episodi ulteriori". E in uno dei verbali si parla di lavori in Emilia, nel Lazio e in Campania. Soltanto nella capitale sono citati i restauri di quattro chiese e persino del complesso monumentale del San Michele, che ospita una delle sedi del ministero dei Beni culturali. Appalti che riguardano da vicino anche enti ecclesiastici di primo piano. E pure Romeo discute al telefono di cattedrali da restaurare e prelati da agganciare.

Il dossier sullo scandalo umbro è stato trasmesso alla Procura di Roma da alcune settimane, ma non risulta che sia stato ancora assegnato a un pm. Nella capitale è finito anche uno stralcio della istruttoria campana: un capitolo incentrato sulle intercettazioni relative a Paolo Troiano, enfant prodige del Consiglio di Stato, vice segretario generale di Palazzo Chigi con Berlusconi e Prodi, poi nominato capo di gabinetto dell'Antitrust. Ma c'è il rischio che tutto il procedimento Romeo possa approdare a Roma, sulla scia delle dichiarazioni di alcuni indagati con elementi velenosi nei confronti del procuratore capo Giandomenico Lepore. Uno schema antico, che consente quantomeno di dilatare i tempi.

Le preoccupazioni per i prossimi passi delle inchieste riguardano tutte le forze politiche. Perché nelle due indagini principali sono stati registrati i rapporti tra grandi imprenditori e segreterie nazionali a cavallo degli appuntamenti elettorali. I rapporti tra Romeo e il vertice del 'suo' partito, la Margherita, si intensificano poche settimane prima delle amministrative di maggio 2007, quando spesso parla di incontri con Francesco Rutelli. I carabinieri del Ros invece hanno intercettato l'utenza chiave di Fondiaria, quella di Fausto Rapisarda, durante le politiche della scorsa primavera. E l'esistenza di patti occulti è svelata da una telefonata dello scorso ottobre, con un'ambasciata trasmessa a Ligresti da tre parlamentari del Pdl: "Siccome loro adesso sono già in campagna elettorale, allora dice... ''se lo stadio vi va bene, noi non diciamo niente, sennò facciamo casino, perché sappiamo i rapporti che voi... il vostro gruppo ha con il nostro...'"