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IL MISTERO DELLA MORTE DI MIO MARITO CHE LAVORAVA AL NUCLEARE IRANIANO

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su Il Venerdì de La Repubblica, 31 agosto 2007

Tre parole. Le email arrivate nel primo pomeriggio non contengono altro: solo tre parole che, tra l’altro, non significano nulla. Eppure sono tanto: sono una risposta. Come in una seduta spiritica tra internauti, abbiamo inviato un’email all’indirizzo personale di Ardeshir Hosseinpour, un fisico iraniano scomparso nel gennaio scorso in circostanze misteriose. Il mondo ha saputo della sua esistenza quando ormai Hosseinpour l’aveva lasciato per sempre, portandosi nella tomba i suoi segreti. Era lui l’Oppenheimer di Ahmadinejad, l’uomo chiave delle brame nucleari di Teheran? Una cosa sola pare certa: Hosseinpour è morto. L’hanno raccontato i media di tutto il mondo e sembra che su internet circolasse anche il video del funerale. Morto e sepolto, dunque. Ora, però, qualcuno ha battuto un colpo: quattro email identiche “Dear Sir, I”. “Gentile signore, io”. Non una sillaba in più. Chi ha risposto e per dirci cosa?

Isfahan, Arak, Natanz. Sono questi i nomi che tengono il mondo col fiato sospeso. I nomi dei siti chiave del programma nucleare iraniano. Scrutati giorno e notte dai satelliti, hanno riempito centinaia di pagine di rapporti dell’AIEA, mobilitato ispettori, analisti, strateghi e spie. Che segreti custodiscono? Ardeshir Hosseinpour era uno che sapeva, un protagonista di questo braccio di ferro atomico tra Iran e Stati Uniti, che forse ci sprofonderà in una nuova guerra. Un protagonista vissuto nell’ombra e morto nel mistero. “E’ stato il Mossad”, ha rivelato il 4 febbraio scorso il Sunday Times, infiammando gli amanti della cospirazione. Hosseinpour, racconta il quotidiano inglese, è stato eliminato dal Mossad a soli 44 anni, per il suo ruolo nel programma nucleare iraniano: lavorava all’impianto di Isfahan, dove l’uranio viene convertito in gas, l’esafluoruro, che poi viene fatto passare nelle centrifughe per l’arricchimento. Ma dov’è morto, Hosseinpour? Quando e come? Non è prodigo di particolari, il Sunday Times. Ma racconta una storia credibile, avvalorata da due fonti: Radio Farda, un’emittente finanziata dagli USA che trasmette in lingua Farsi, e Stratfor, un’azienda privata americana che produce e vende intelligence. Radio Farda parla di morte per ‘avvelenamento da gas’, Stratfor si spinge oltre: ‘esposizione a fonte radioattiva’ e argomenta che il ritardo di una settimana, con cui il 21 gennaio la TV iraniana ha annunciato quella morte, si spiega proprio con l’azione del Mossad. Teheran ha ritardato e ritardato, ma quel fisico nucleare era così ‘prominent’ - dice Stratfor - così di alto livello, che alla fine ha dovuto pur ammetterla. Dunque, Hosseinpour sarebbe stato ammazzato il 14 gennaio, giorno più giorno meno, con un gas, radioattivo o forse no, e sarebbe stato eliminato per il suo lavoro a Isfahan. “Propaganda”, taglia corto l’agenzia iraniana Fars: il Mossad non è in grado di condurre operazioni simili in territorio iraniano, Hosseinpour è morto in un incidente, soffocato nel sonno dai fumi emessi da un riscaldamento a gas difettoso e comunque non aveva a che fare con l’impianto di Isfahan. Dopo un lungo silenzio, entra in scena Baztab, un sito iraniano considerato vicino alla linea dura di Mohsen Rezai, ex capo delle Guardie della rivoluzione. Nessun dettaglio su come, dove e quando il fisico è morto, ma anche Baztab liquida l’ipotesi Mossad, poi racconta con un filo di orgoglio chi era Hosseinpour: una testa d’uovo delle università iraniane di Shiraz e Malek Ashtar, che aveva lavorato al programma missilistico e svolto un ruolo guida nella progettazione delle centrifughe di arricchimento dell’uranio. Quindi Hosseinpour era un collaborazionista, un giovane fisico dannatamente brillante, orgoglio del regime. E invece no: il colpo di scena successivo viene da Dubai, sede della TV Al-Arabiya. “Hosseinpour” – racconta ad Al Arabiya Ali Nourizadeh, un affermato giornalista iraniano critico del regime e che vive a Londra– “era in contatto email con me. Mi aveva scritto due settimane prima della morte: sospettava di essere seguito, aveva paura”. Secondo Nourizadeh, Hosseinpour aveva lavorato a programmi militari in passato, ma la vittoria di Ahmadinejad aveva cambiato tutto: il fisico riteneva Ahmadinejad pericoloso per il paese e viceversa il regime di Ahmadinejad sospettava il fisico di passare informazioni all’occidente. Hosseinpour - teme Nourizadeh - è stato eliminato dal regime. Oppositore o collaborazionista? Chi era veramente Ardeshir Hosseinpour? Uno Stranamore eliminato perché non arrivasse alla bomba o un ‘dissidente’ liquidato prima che raccontasse della bomba? E com’è morto? Ma, soprattutto, chi lo voleva morto?

Quella scientifica è una comunità interconnessa, internazionale, che usa una lingua universale (l’inglese) e ha regole relativamente universali. Quello che non è possibile sapere da un’università di Teheran, forse si può sapere altrove, grazie a un’oscura rivista tedesca nota solo a 4 iperspecialisti. Ma c’è un limite a questa disponibilità di informazioni: chi lavora a programmi di ricerca militare entra in un mondo accademico parallelo, opaco, fatto di notizie che non circolano perché coperte da segreto. L’assenza di informazioni sul conto di Hosseinpour, nei siti delle università iraniane in cui ha lavorato, colpisce: era una mente brillante, un emergente che pubblicava su riviste internazionali, dove sono i frutti del suo genio? Accademicamente, sembra un fantasma. “Faceva il ricercatore al dipartimento di metallurgia dell’università di Shiraz”, racconta una fonte che non possiamo identificare, “uno studente eccezionale”. Mettiamo insieme un curriculum, seppur ridotto all’osso. Una delle università in cui ha lavorato, la Malek Ahstar University of Technology, è ‘sospetta’: il rettore figura nella lista delle 7 persone identificate dalla risoluzione 1737 dell’ONU come coinvolte nel programma nucleare. “Che profilo emerge dal curriculum di Hosseinpour?”, chiediamo a uno dei grandi fisici americani, che ha lavorato al laboratorio di armi nucleari di Los Alamos: è una colomba ormai da decenni, ma rimane uno dei più grandi esperti al mondo di quelle armi. “Le pubblicazioni”, spiega, “non hanno nulla a che vedere con l’energia o con le armi nucleari, ma questo non significa niente: potrebbe aver avuto un cambio di carriera” e aggiunge che, comunque, “quasi nessuno dei fisici che hanno costruito la prima atomica della storia aveva esperienza nella fisica nucleare”.

E le 4 email criptiche che abbiamo ricevuto dall’indirizzo personale di Hosseinpour? E’ possibile estrarne qualche informazione? “Mi servono gli header dei messaggi”, spiega un tecnico informatico a cui chiediamo aiuto. Le email vengono dall’Iran University of Science and Technology. E’ l’ateneo in cui ha preso il dottorato Ahmadinejad, un ingegnere civile, ma che c’entra? Hosseinpour non lavorava lì. Un’email successiva da quello stesso indirizzo personale svela finalmente l’arcano: “Sono la moglie di Ardeshir Hosseinpour, un grande scienziato e una grande persona, unica. Io non so com’è morto. Ho parlato con lui quella sera, ma è andato a casa da solo e io sono rimasta da mio padre. Quando il giorno dopo sono andata a casa, l’ho trovato morto. La polizia ha detto che il riscaldamento non funzionava bene, i fumi sono rientrati e la casa si è riempita di monossido di carbonio e così è successo. Hanno detto che ne aveva tanto nel sangue. Io non so veramente cos’è successo”. Sara - si firma così e racconta di essere una studentessa dell’Iran University of Science and Technology - è l’ennesima conferma che la morte del fisico iraniano è un giallo denso di misteri impenetrabili: l’email che ci ha inviato non contiene un singolo dettaglio che permetta di identificare il luogo o il giorno in cui sono accaduti i fatti che descrive. Parla di ‘casa’, quale casa? I fisici che, per esempio, costruirono la prima atomica per gli anglo-americani vivevano in casa con mogli e figli, ma le case erano in una città segreta, Los Alamos, dove i fisici vivevano sotto falsa identità e i bambini che nascevano avevano un solo dato nei loro certificati: il numero di casella postale. La moglie di Hosseinpour ripete una versione ufficiale: il coroner ha ufficialmente parlato di morte per ‘asfissia da gas’. Ma se veramente Ardeshir Hosseinpour è morto così, per un banale incidente in una banale casa di Teheran o Isfahan, perché tanto mistero? Perché nessuno dei suoi colleghi dell’università di Shiraz risponde alle email? Basterebbe dire che è stata una disgrazia. E invece niente. “Nessuno può parlare. La madre, la famiglia, nessuno”, ci racconta Nourizadeh, mentre ricostruisce la sua versione dei fatti: Hosseinpour era in contatto con lui da 2 anni e gli aveva dato alcune informazioni sui missili iraniani. Il fisico non apprezzava Ahmadinejad, voleva lasciare l’Iran e gli aveva chiesto aiuto per trovare un’università in cui insegnare: due settimane dopo l’ultimo messaggio era morto. Cerchiamo di verificare l’esistenza di Sara, ponendo a Nourizadeh delle domande formulate in modo da non mettergli in bocca le risposte: aveva una moglie, Hosseinpour? “Sì”, conferma Nourizadeh : si chiama Sara ed è una studentessa. Ma ricontattare Sara serve a poco. Né serve spiegarle che forse è possibile comunicare attraverso Skype da computer a computer, “un sistema molto, molto resistente alla possibilità di intercettazione abusiva”, come spiega un importante esperto del Politecnico di Milano. “L’email che mi ha mandato”, ci risponde Sara, “è stata controllata da qualcun altro. Ora ho cambiato la password, ma avrò problemi per questo. Credo di non poter andare da nessuna parte, in nessun paese. La cosa migliore è aspettare in silenzio, le cose possono cambiare”.

Qualche tempo dopo, però, riusciamo a ricontattarla: Ardeshir Hosseinpour era un simpatizzante di Khatami, ci spiega Sara, ma ovviamente aggiunge subito che non aveva nulla contro Ahmadinejad… Il giorno prima della morte, era volato da Isfahan a “casa”, non aveva mangiato nulla in aereo: era sempre così attento, aveva molti nemici. “Quali nemici?”, insistiamo, “e dov’è morto esattamente?”. La subissiamo di domande: “Come moglie, ha avuto accesso ai risultati dell’autopsia? Ha potuto chiedere spiegazioni approfondite sulla sua morte?”. Inutile. “Nourizadeh è pazzo”, insiste rabbiosa: Ardeshir non l’ha mai conosciuto, non ha mai pensato di lasciare l’Iran e non è mai stato in contatto email con lui. “Come posso querelare quel bugiardo?”, chiede infuriata. Nega categoricamente che il marito potesse avere un altro indirizzo di posta elettronica oltre quello a cui le abbiamo scritto. Eppure Il Venerdì è in grado di rivelare che quell’email con cui Nourizadeh dice di aver contattato Hosseinpour esiste: è solo ‘dormiente’. E’ un po’ che non viene usata. Sara ci congeda con una frase: “Non c’è nessuno di cui posso fidarmi”. E’ l’ultima volta che la sentiamo.