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L'ORCO ARRIVA AL CELLULARE

Ragazzini agganciati nelle chat. E poi adescati con raffiche di sms. Per ottenere incontri. O foto proibite. L'ultima frontiera della pedofilia

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su L’Espresso, 21 giugno 2007

Viky, 12 anni, cerca amici... Basta un telefonino, un nickname, una caterva di emoticon, tante abbreviazioni e il gioco è fatto. La chat telefonica che abbiamo scelto è apparentemente innocua: niente "Incontri", "Amore" e altre stanze dal nome anche vagamente equivoco, Viky cerca solo friends. In chat da appena mezz'ora, ed ecco che l'orco si manifesta anche su "Amici": «Ciao ti va di eccitarti? Slo se 6 f.». Non perde tempo, lascia subito un numero di cellulare: chattare costa troppo e così passiamo agli sms. « Sto sul letto nudo. Ti va cn mms?», scrive. Gli ripetiamo di avere solo 12 anni, ma lui ci va giù brutale, smania per avere foto via mms: « Dai manda fica e io ti mando il mio duro ». E quando la nostra Viky si trasforma in una lolita torbida: «Ke mms vuoi? E in cambio ke dai? », l'orco non si fa scrupoli: «Manda che vuoi te tesoro. In cambio che vuoi ? ». « Ricarica da 100 euro x ogni mms, se hai max 35 anni incontriamoci». «Ho 32 anni manda pure», risponde chiedendo a Viky dove vive.

Basta poco per imbattersi nell'orco. Perché ormai l'ultima incarnazione della pedofilia fa a meno anche dei computer: adesso viaggia tutto sui telefoni cellulari. Il contatto, l'adescamento virtuale, la prostituzione e talvolta persino l'incontro fisico, tutto passa ormai sul telefonino. «La generazione dei padri è ancorata all'idea che i cellulari servano per fare conversazione; ma i ragazzini hanno un approccio completamente diverso», spiega Maurizio Masciopinto, che dirige la seconda divisione della polizia postale, il corpo in prima linea nella lotta alla pedopornografia. Negli ultimi sei mesi solo il compartimento di Roma della polizia postale ha indagato su cinque casi. E "L'espresso" ha potuto ricostruire i meccanismi al centro dell'inchiesta condotta dal sostituto procuratore Roberto Staffa.

Negli sms intercettati si apre lo spaccato di un mondo squallido, dove adulti spregiudicati agganciano ragazzine delle scuole medie. È la storia di Giulia, nome di fantasia per una vera tredicenne finita per gioco nelle mani di chi non scherza affatto. Perché Bob è un pedofilo alle soglie dei 50 anni, che sembra uscito dal copione di un horror statunitense. Prima di Giulia e prima dell'era degli mms, Bob aveva adescato una 14enne e le aveva inviato a casa un kit completo di vibratore, perizoma e macchina fotografica.

Lo scopo del "regalo" era indurre la ragazzina a utilizzare il vibratore mentre era al telefono con il pedofilo e a scattarsi delle foto. Follia? No, il piano venne portato a termine. E nonostante simili precedenti, l'uomo adesso cavalca la multimedialità. Entra in chat con Giulia e altre adolescenti, come Lucia di 14 anni. Subdolo, e scaltro, contatta le vittime simulando un'identità femminile, "Carla", per scoprirne passioni e debolezze, poi usando un cellulare diverso le aggancia come "Giorgio". Usa le informazioni carpite fingendosi amica per fare colpo e conquistare sms dopo sms la fiducia delle malcapitate. Quello che riesce ad arraffare, però, non gli basta e allora passa i numeri di telefono delle vittime a un compagno di squallore: Antonio. «Hai foto di bimbe?», domanda ossessivamente Bob al suo complice. Poi insiste: «Chiedile a Lucia, che è la più troia ». Antonio ha quasi 40 anni, ma si descrive come un fusto palestrato di 19 anni: inonda le prede di sms dolci e premurosi. Non ha fretta, non va al dunque in modo brutale; ma è metodico, capace di inviare una media di mille sms al giorno per ottenere le immagini. È proprio per questo che Bob gli ha passato i numeri: Antonio ha il fisico e quindi può arrivare dove l'altro non può.

Gli stratagemmi per farsi mandare le foto sono molti. C'è chi come "Antonio" si conquista l'amicizia o addirittura l'amore della preda. Oppure c'è chi la compra a suon di ricariche telefoniche, che per un adolescente significano moltissimo. Infine si passa al ricatto: «Se non mi mandi altre foto, faccio vedere ai tuoi quelle che mi hai già inviato ». Altri mettono in campo pressioni psicologiche più complesse, come il 45enne padre di due bimbe, che riesce a procurarsi mms porno facendo sentire la vittima un'insignificante bambina immatura: «Se non hai mai scopato», le scrive in un messaggio intercettato, «allora non sei una donna e non mi rompere i c...». Certo, ci sono anche adolescenti che mettono in vendita foto del loro corpo: immagini in cambio di ricariche. «Quando poi andiamo a indagare sul pedofilo che adesca a suon di sms», racconta Diego Buso, che guida il compartimento di Roma della polizia postale, «ci ritroviamo in una giungla di schede telefoniche cambiate a ritmo ossessivo e intestate a prestanome ignari: il rom o il pensionato che non ha idea di cosa sia un mms».

Gli investigatori temono che adesso la rete dei pedofili si estenda dai teenager ai bambini, che spesso ricevono un cellulare all'età di 8-9 anni, un apparato quasi sempre in grado di mandare mms e sms. Gli stessi genitori che stanno attentissimi alle frequentazioni dei figli, spesso non considerano il telefonino una minaccia. «Anzi sono fermi all'idea un po' ingenua che, dotando i figli di cellulare, potranno tenerli sempre sotto controllo» precisa Alessandro Carini della postale di Roma. Aggiunge Masciopinto: «È anche saltata la cinghia di trasmissione delle informazioni da una generazione all'altra: oggi sono i ragazzini che battono gli adulti nell'uso di Internet e cellulare, così i genitori non hanno idea di che tipo di consigli dare ai figli per stare alla larga dalle insidie di queste tecnologie».

Non tutti gli adolescenti sono ingenui. «Le nuove generazioni», racconta Masciopinto, «non confondono il mondo virtuale con quello reale. Tengono separate le due realtà. Anche la ragazzina che manda l’mms porno, raramente accetta l'appuntamento con il pedofilo». Nel caso di Giulia, però, c'è mancato un soffio: in una serie di sms dolci e sempre più caldi, Antonio la lusingava preannunciandole un incontro. Agli inquirenti è bastata una verifica: l'alcova indicata via sms era stata effettivamente prenotata. E a quel punto è scattato il blitz. A differenza di tanti bambini violentati, torturati e filmati negli angoli più poveri del mondo, Giulia si è salvata. Ormai ha capito a proprie spese che il mondo virtuale non è poi così lontano da quello reale.

Quello che normalmente non si riesce a percepire è quanto sia facile incappare in questi predatori. Nella chat con Viky, che si presenta proprio come una dodicenne, c'è chi taglia corto: « sei piccola per ste cose...». Ma ci sono alcuni che non nascondono i loro propositi: «Qualcuna mi fa vedere la palatina?». In 3 giorni, Viky ha incontrato "scuro23", "jo" e "fil20". Tre nickname per uno stesso orco o tre differenti cacciatori, magari alleati tra loro come Bob e Antonio? E se basta entrare in una chat per trovarsi circondati dai lupi, allora si capisce subito quanto siano pericolose le piazze degli incontri virtuali.