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IL GIORNALISTA CHE FICCA IL NASO DOVE NON SI PUÒ

Di Stefania Maurizi

Pubblicato sul Venerdì di Repubblica, 23 gennaio 2009

A vederlo sembra un ragazzino. Ma guai a sottovalutarlo. Per lui si è scomodato anche l’ufficio del direttore nazionale dell’intelligence Usa (DNI), che poche settimane fa gli ha dedicato un lungo ritratto. E ormai gli ammiratori sono tanti: dagli addetti ai lavori, come l’ex analista Cia, Allen Thomson, al New York Times, fino a Steven Aftergood, della Federation of American Scientists, che ci dice: “Ammiro Andrei Soldatov. Porta la luce del giornalismo in uno dei meandri più oscuri del governo di Mosca”. A soli 33 anni, Soldatov è il più autorevole reporter russo che si occupa di servizi segreti in un paese in cui, dal caso Litvinenko a quello della Politkovskaja, le spie sono circondate da una luce più che mai sinistra. “In un periodo in cui i giornalisti sono sistematicamente minacciati, se non uccisi”, scrive l’intelligence Usa nel profilo che gli ha dedicato, “Soldatov ha coperto casi di corruzione e scandali che coinvolgono i servizi, ha intervistato agenti che hanno defezionato e rivelato operazioni speciali: tutto ciò senza subire conseguenze particolarmente gravi”. “La sua carriera”, concludono gli spioni americani, “è una singolarità”. Ma è vero? E qual è il segreto di Soldatov?

“Ho iniziato a fare il giornalista nel ‘96”, racconta al Venerdì, “mi occupavo di tecnologia e internet. Erano gli anni in cui era in corso una grande guerra per il controllo della rete da parte di due agenzie dei servizi segreti russi. E’ così che ho cominciato a occuparmi di loro”. Ed è così che, nel 2000, è nato il sito web che lo ha fatto conoscere al mondo: si chiama ‘Agentura’ (www.agentura.ru) e le sue inchieste portano alla luce personaggi che vogliono rimanere nell’ombra. Di casi scottanti Soldatov ne ha seguiti a bizzeffe, a cominciare dall’atroce morte dell’ex agente del Kgb, Alexander Litvinenko, avvelenato a Londra nel 2006 con polonio radioattivo. Fsb, Svr, Gru, Fso, Gusp: quante sono esattamente le agenzie dell’intelligence russa? “Così tante che a volte è difficile anche contarle”, ci spiega. L’Fsb è il controspionaggio, l’Svr il servizio segreto per l’estero, il Gru quello militare, mentre il Gusp controlla il sistema di bunker sotterranei pronti a proteggere i leader russi in caso di grave minaccia. Come gli Usa, anche Mosca ha un’agenzia che spia e decifra tutte le comunicazioni: è la Fapsi, analogo della Nsa americana, e come l’Nsa potentissima, al punto da entrare in forte competizione con l’Fsb, che nel 2003 l’ha assorbita nella sua struttura.

Per il mondo intero, il mistero dell’intelligence russa è incarnato dallo sguardo glaciale di Putin, ex spia del Kgb. Soldatov, però, demolisce l’idea di Putin come uomo forte dei servizi. “Può essere rappresentativo di una generazione del Kgb”, ci dice, “ma l’uomo forte dei servizi russi non esiste: credo che perfino l’attuale direttore dell’Fsb non abbia modo di sapere tutto quello che succede all’interno dell’agenzia”. Soldatov dipinge l’intelligence russa come un buco nero, fuori dal controllo del parlamento e dei media. “Che non esista alcuna forma di controllo parlamentare non è una mia opinione”, spiega, “lo ha dichiarato pubblicamente Vladimir Vasiliev, che guida il comitato della Duma sulla sicurezza, in un’intervista rilasciata alla mia collega Irina Borogan di Agentura”. Quanto al controllo da parte dei media, continua, “è stato quasi proibito o comunque è finito una decina di anni fa”. Vista la situazione, “c’è solo da sperare in una qualche forma di controllo interno”, ovvero spioni che vigilano su se stessi, di certo non il massimo… Ma come reagiscono al controllo da parte di Agentura? “E’ molto difficile dirlo perché, per scelta, ho interrotto qualsiasi contatto ufficiale con loro”, racconta, “credo sia l’unico modo per non essere usato”.

Andrei Soldatov crede che il ruolo dell’attuale presidente russo Medvedev sia quello di definire la relazione tra i servizi segreti e i giganti dell’economia russa, come quella Gazprom, che controlla un terzo delle riserve mondiali di gas e che, proprio in questi giorni, sta chiudendo i rubinetti all’Ucraina, mettendo in ginocchio l’Europa: semplice questione economica o tentativo palese della Russia di tenere il mondo sotto scacco con l’arma dell’energia? Soldatov non crede che le spie c’entrino qualcosa in questo caso dell’Ucraina, ma racconta come la saldatura tra intelligence e big business sia stata esplicitata pochi mesi prima dell’elezione di Medvedev. Visitando il quartier generale dei servizi segreti per l’estero, Putin dichiarò che il loro nuovo compito era “salvaguardare gli interessi delle aziende russe all’estero”. “Un fatto cruciale”, sottolinea Soldatov, “per la prima volta il capo dello stato ordinava al capo dell’intelligence di proteggere gli obiettivi delle corporations”. “E credo che gli emendamenti alla legge sul segreto di stato, presentati nel dicembre scorso, possano essere il prossimo passo in questa direzione”, continua, “l’obiettivo potrebbero essere quei giornalisti o esperti che indagano sulle attività di società come Gazprom”. Sentendolo parlare, vengono in mente le considerazioni degli spioni americani: in un paese in cui i grandi giornalisti difficilmente muoiono di vecchiaia, perché lui riesce a ‘farla franca’? “Forse per la protezione del padre, Alexey Soldatov, boss di un’importante azienda informatica in rapporti con governo e servizi?”, si chiedono maliziosamente gli americani. Ma Andrei Soldatov non le manda a dire neppure a loro: “Vorrei suggerire a questa gente di provare cosa significa sottoporsi agli interrogatori dell’Fsb, come mi è successo più volte, ed essere licenziati da 5 giornali in 6 anni di lavoro”. L’ultimo licenziamento è del novembre scorso: a metterlo alla porta è stata la Novaya Gazeta, quella di Anna Politkovskaja. “Non capisco perché devo difendermi”, ci dice amareggiato, “non sono colpevole di niente. E, quanto a mio padre, ho chiuso ogni rapporto con lui dal 2006, dopo la sua decisione di smettere di finanziare Agentura”.