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ZIMBABWE: COSÌ IL REGIME TRATTA I GIORNALISTI RIBELLI

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su Il Venerdì di Repubblica, 20 giugno 2008

I padre padrone Mugabe che non molla. Le elezioni che non hanno portato a un governo. La violenza che dilaga e un’inflazione folle, che viaggia verso il 200 mila percento. Lo Zimbabwe è piombato nel caos più nero e Rhoda Mashavave non può che seguire dall’Italia il collasso del suo Paese. Ventotto anni, giornalista del più importante quotidiano indipendente dello Zimbabwe, il Daily News, Rhoda racconta: “I problemi del Daily iniziarono subito. Per la prima volta, un giornale parlava di un regime corrotto fino al midollo, delle teste rotte e delle torture spietate. Dal 2000 in poi, contro la redazione si scatenò l’inferno: bombe, pestaggi, la distribuzione del giornale fermata con la violenza”. Nel 2003 il regime la fece finita: lo bandì per sempre. Rhoda, però, non mollò. Passò a lavorare per il Changing Times, il giornale del partito di Morgan Tsvangirai, leader dell’opposizione. Stava facendo la cronaca di una manifestazione, quando gli uomini di Mugabe la arrestarono. La portarono in un buco lurido, una delle celle della polizia. La fecero spogliare. L’avrebbero pestata, stuprata o ammazzata senza tante cerimonie? La massacrarono di botte. Vide altre donne pestate in modo brutale. Per quattro giorni andò avanti così. Ne uscì grazie a una cauzione di cinquemila dollari. Di quello che è successo dopo Rhoda non parla: in qualche modo, la rete internazionale Icorn (www.icorn.org) che offre a giornalisti e scrittori a rischio un rifugio sicuro, l’ha portata a Grosseto. Se oggi è al sicuro, è anche grazie alla Regione Toscana, che ha aderito a Icorn. Ma con la testa, Rhoda è nel suo Paese. Tra la sua gente. “E i colleghi del Daily?”, chiediamo. “Sono sparsi per il mondo. La maggior parte non lavora più come giornalista: fanno lavori manuali”. Per questo round Mugabe ha vinto: ha annientato l’odiato Daily e ha costretto chi ha avuto il fegato di tenergli testa a scappare.