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COSÌ LA BOMBA CHE VOLLERO I BHUTTO È DIVENTATA L’INCUBO DELL’OCCIDENTE

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su Il Venerdì de La Repubblica, 11 gennaio 2008

Sono profondamente colpito dall’assassinio di Benazir Bhutto. L’ho conosciuta al liceo a Karachi e poi a Cambridge in Massachussetts. Era una donna coraggiosa e autonoma. Ma non la donna che avrebbe portato il Pakistan alla modernità”.

Pervez Hoodbhoy è una delle grandi intelligenze del Pakistan. Fisico nucleare all’università Quaid-e-Azam di Islamabad, è noto per il coraggio di analisi impietose. “I musulmani devono smetterla di piangersi addosso”, scriveva subito dopo l’11 settembre su ‘Dawn’, il principale quotidiano pakistano in lingua inglese, “non sono le vittime innocenti del perfido Occidente […] le cause del declino islamico sono interne”.

Uno che mette nero su bianco opinioni del genere, mentre i suoi studenti festeggiano l’attacco alle Torri Gemelle, non può avere vita facile in Pakistan. Hoodbhoy, però, è tosto: non cede alle lusinghe delle grandi università occidentali, rimane a Islamabad e nelle sue analisi non fa sconti a nessuno. Neppure a Benazir Bhutto. “I suoi due mandati come primo ministro”, ci racconta, “furono un incubo di autocrazia e malgoverno: miliardi di aiuti stranieri sparirono nel nulla. Nel 2003, una procura svizzera l’ha giudicata colpevole di riciclaggio. E la Bhutto possiede proprietà e palazzi in tutto il mondo. Ma quello che è più grave è che non ha fatto nulla per cambiare la natura feudale della politica e della società pakistana”. Rampolla di una celebre dinastia politica, Benazir era la figlia di Zulfiqar Ali Bhutto, il primo ministro che mise in piedi il programma nucleare che portò il Pakistan all’atomica. Ma Bhutto non visse abbastanza da vedere la sua bomba. Fu impiccato nel ’79 dal generale Zia, finito al potere con uno dei tanti colpi di stato che hanno funestato il Pakistan. Fu Benazir a ereditare il carisma del padre. E il suo partito. “Un feudo dei Bhutto”, taglia corto Hoodbhoy.

Eppure il solo fatto che una donna arrivi al potere in una società islamica è un bel colpo al feudalesimo…

Certo, la Bhutto ha dimostrato che una donna può diventare il capo di un paese islamico profondamente conservatore, ma è difficile capire cosa volesse, a parte il potere personale. Diceva sempre di lottare per delle grandi cause: quali?”

Di nemici, Benazir Bhutto ne aveva a bizzeffe: Al Qaeda e tutta la cricca dei fanatici, i rivali politici con Musharraf in testa, quell’esercito così potente da ispirare ‘battute’ del tipo: ‘Tutti i paesi hanno un esercito, ma in Pakistan è l’esercito ad avere un paese’. E infine, l’ISI, la famigerata intelligence militare, zeppa di simpatizzanti dei Talibani. Musharraf ha immediatamente scaricato la colpa dell’assassinio su Al Qaeda, ma è veramente Bin Laden il mandante?

Ci sono varie possibilità e molta confusione, ma alcuni fatti sono certi”, dice Hoodbhoy, “quel giorno, ci furono degli spari e poi un attacco suicida. Ma i kamikaze non si comprano a suon di rupie: solo i fanatici religiosi adescati dalla ricompensa nell’aldilà si fanno esplodere.

Al Qaeda, i Talibani e altri gruppi jihadisti, dunque, sono una possibilità: l’hanno sempre odiata. Ma anche quegli elementi dell’intelligence più vicini al fondamentalismo potrebbero averla ammazzata.

Hanno una scorta di kamikaze a disposizione come dimostrano una serie di attacchi molto ben organizzati contro l’esercito e i loro colleghi. Le acque sono state intorbidite dal governo: appena un’ora dopo l’assassinio, gli operai del comune e la polizia hanno lavato via tutte le tracce di sangue con gli idranti, compromettendo così delle eventuali prove. Un altro scenario è possibile: elementi non islamici del governo potrebbero aver usato degli attentatori suicidi, che hanno subìto il lavaggio di cervello nelle moschee o nelle madrasse, per fare il lavoro sporco. Ma come nel caso di Kennedy, non lo sapremo mai.

Che ne pensa del pericolo, tanto paventato dagli americani, di una presa del potere da parte dei fondamentalisti?

E’ già successo, tutto è cominciato 25 anni fa, “ora la radicalizzazione procede solo a passo più spedito: ci sono attacchi suicidi quasi ogni giorno, un fenomeno sconosciuto in Pakistan, prima dell’invasione americana dell’Iraq. E le aree tribali ormai hanno subito una trasformazione radicale.

L’incubo che terrorizza il mondo è che, prima o poi, i fanatici riescano a mettere le mani sulle armi nucleari pakistane.

Il governo dice: non c’è pericolo, ma chi può dirlo? Gli estremisti hanno penetrato l’esercito e l’intelligence in profondità. Il mese scorso, per esempio, un autobus dell’intelligence militare, è stato attaccato da un kamikaze che ha ucciso 25 persone. Era un mezzo senza alcuna scritta, ovviamente. Chi poteva sapere di quell’autobus? Solo un insider. Ormai ci sono molti esempi di questo tipo. E ci sono fanatici anche tra gli scienziati.

Quale potrebbe essere un modo efficace di combattere il fondamentalismo?

Mobilitare la sua gente, costruire in fretta delle infrastrutture nelle aree tribali, fare un uso giudizioso della forza e soprattutto creare consenso sulla lotta al fanatismo, facendone una causa di tutta la società pakistana, non solo dell’esercito. Finché ci sarà Musharraf, però, sarà impossibile: è estremamente impopolare e gli americani, prima o poi, dovranno mollarlo. Se la lotta continua a essere presentata come una scelta tra Musharraf e i Talibani, la stragrande maggioranza dei pakistani sceglierà i Talibani, anche se sono sicuro che poi se ne pentirebbero.