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OSAMA: IO PROFESSORE DI GEOGRAFIA HO SPIEGATO ALLA CIA DOV’È BIN LADEN

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su Il Venerdì de La Repubblica, 5 Ottobre 2007

“Vennero da me gli uomini dell’intelligence e mi dissero di stare zitto, di eliminare alcune informazioni dal mio sito e di rispondere alle loro domande in modo attento”.

John Shroder non ha nulla dello scienziato sinistro pronto a collaborare con la CIA: è friendly e disponibile. Geografo all’università del Nebraska, quando nel ‘72 decise di occuparsi della geografia e della geologia dell’Afghanistan, nessuno lo prese sul serio. L’Afghanistan era un paese fuori dal mondo e la decisione di Shroder sembrò una delle tipiche bizzarrie dell’accademico un po’ sconclusionato, che in un’intera carriera universitaria non produce una sola conoscenza applicabile a questo mondo. L’11 settembre 2001, però, il mondo dovette ricredersi sul geografo John Shroder. Un mese dopo gli attacchi alle Torri Gemelli, Al Jazeera mandò in onda un video in cui Bin Laden e Al Zawahiri lodavano l’attacco, mentre se ne stavano seduti chissà dove, sotto un costone di roccia, forse al confine tra Afghanistan e Pakistan. Da quel momento Bin Laden divenne l’uomo più ricercato del pianeta e Shroder ebbe una certezza: prima o poi la CIA avrebbe bussato alla sua porta. Sei anni dopo, alcuni dettagli si possono ormai raccontare e John Shroder li racconta al Venerdì.

“Com’è riuscito a riconoscere la zona in cui si trovava Bin Laden? Nel mondo ci saranno milioni di rocce analoghe a quella del video”, gli chiediamo. “Prima di tutto sapevamo che si trovava in Afghanistan”, spiega, “poi il cameraman di Al Jazeera aveva fatto una panoramica, mentre spostava la telecamera dal treppiede, e così facendo aveva mostrato l’orizzonte con dei picchi rocciosi come ce ne sono nella zona di Spin Ghar,  l’inquadratura mostrava una faglia, una di quelle del tipo che si trovano nell’estremità occidentale di quella zona, infine la telecamera aveva mostrato lo gneiss di alto grado (una roccia contenente cristalli di quarzo, ndr) del tipo, che si trova solo nelle montagne dello Spin Ghar: il Safed Koh.” Convinto oppositore della guerra del Vietnam, John Shroder racconta come finì in Afghanistan nei primi anni ’70: il territorio meritava di essere studiato e la competizione accademica era inesistente. “Nessuno si interessava al paese in quegli anni”. Poi però i Sovietici invasero l’Afghanistan, che divenne l’arena in cu si confrontarono le due superpotenze. “Volevo aiutare i mujahedin afgani”, ricorda Shroder, “per me che ero stato contro il Vietnam, l’invasione sovietica sembrava riproporre lo schema della grande potenza che combatte il piccolo paese, così non ebbi problemi in quell’occasione a lavorare nella stessa direzione del governo americano”. “Prendeva ordini da loro mentre lavorava lì come geografo?”, chiediamo. “No. E probabilmente mi volevano fuori dai piedi proprio perché non prendevo ordini, tuttavia mi usavano come fonte amichevole per contattare la resistenza afgana”. Ma più Shroder conosceva la popolazione, più si faceva una sua idea sugli afgani: prima o poi, gli americani avrebbero avuto problemi con quella gente. “Sono estremamente ospitali”, racconta, “e se sei loro amico, possono essere disposti a rischiare la vita per te. Ma mai ammazzare un afgano con leggerezza: sono un popolo che non dimentica e ha una cultura della vendetta che non si trova in nessuna parte del mondo, ad eccezione, forse, della mafia italiana. Non è gente da sottovalutare, come purtroppo fanno molti politici americani”.

Shroder non ha avuto problemi etici nel collaborare con Washington nella caccia a Bin Laden: “Quando un paese viene attaccato”, racconta, “anche le persone non sono molto soddisfatte dei governi delle grandi potenze, collaborano”. Del resto, il suo ruolo è rimasto circoscritto a quell’analisi del primo video, anche perché dopo quello, Bin Laden non commise mai più l’errore di farsi riprendere con un paesaggio alle spalle. “Che tipo di documenti le chiesero di rimuovere dal suo sito?”, gli chiediamo. “Molte mappe e rapporti dettagliati”, spiega, “poi le informazioni personali: ho ricevuto minacce di morte in più occasioni”.

Sottovalutata come materia da scuole medie, la geografia, in realtà, è sempre stata importante per l’intelligence. Dopo l’11 settembre lo è ancora di più. “La CIA e le altre agenzie arruolano regolarmente agenti nei corsi di geografia”, racconta Shroder mentre racconta qualche curiosità sulla NGA, la National Geospatial Intelligence Agency. Contrariamente alla famosa e famigerata NSA, che intercetta e decripta l’enorme flusso di comunicazioni, telefonate e email che transitano per il mondo, la NGA è sconosciuta ai più. “Che tecnologie ha messo a punto la NGA per la war on terror?” “Ormai il remote sensing e i sistemi Gis (Geographic Information System) sono estremamente avanzati”, spiega, “ma, per esempio, non riescono ancora a vedere la faccia di una persona attraverso un muro di mattoni. Ed è vero che è possibile rilevare i vari gas che fuoriescono da una grotta (per cercare di capire chi c’è dentro, ndr), ma è anche vero che per farlo bisogna avere su posto qualcuno che raccolga il campione di gas”.

Nsa, Nga, Cia, satelliti micidiali, droni, crittografia e tecnologie segrete e avanzatissime. Deve essere terribilmente frustrante per un paese come gli Stati Uniti – incarnazione della potenza militare frutto di scienza e tecnologia – non riuscire a mettere le mani su Bin Laden, uno che gira con pastrano e bastone, come un pastore di 2000 anni fa. Crede davvero che il territorio in cui si nasconde svolga un ruolo importante nel proteggerlo? “Assolutamente sì”, risponde. “Nessuno può entrare nelle aree pashtun e uscirne vivo, se loro non vogliono. Bin Laden non usa più l’elettronica e se ne sta lontano da satelliti e droni”. Quale altro fattore ha trasformato la caccia allo sceicco in una mission impossibile? “I dialetti pashtun sono estremamente caratterizzati: un agente infiltrato verrebbe certamente scoperto. E poi sono ben note sia le capacità di queste popolazioni nel maneggiare le armi sia la loro motivazione ideologica”.

Prenderanno mai Osama? “No, perché gli USA non riescono a mettere piede nelle zone in cui molto probabilmente si trova. Né ci riesce il Pakistan”, conclude Shroder, “L’unico modo sicuro per prenderlo è un’invasione su larga scala della provincia della Frontiera di Nord Ovest e del Waziristan, ma sarebbe una mossa veramente stupida: una chiamata all’arruolamento per Al Qaida. Forse, però, una combinazione di minacce e offerte ai leader pashtun, avanzate in modo intelligente e adatto a quella cultura, potrebbe funzionare”.