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LA LOCKHEED COLPISCE ANCORA (English translation not available)

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su l'Espresso, 16 settembre 2011

(http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-lockheed-colpisce-ancora/2160764//0)


E' il progetto militare più costoso al mondo. Il Lockheed Jsf: un supercaccia futuristico voluto dal Pentagono che varrà oltre 112 milioni di dollari ad esemplare. Il nostro governo - con un accordo firmato da Berlusconi nel 2002 e reso operativo da Prodi nel 2007 - si è impegnato a comprare 131 jet con una spesa che alla fine potrebbe superare i 15 miliardi di euro. Un investimento colossale in tempi di crisi, giustificato con le ricadute industriali ipotizzate dagli Usa che dovrebbero creare in Italia 10 mila posti di lavoro qualificati. Ma i file di WikiLeaks dimostrano che queste compensazioni sono virtuali. E che una lobby Lockheed è all'opera nei ministeri e nel Parlamento, come accadde nei momenti più bui della prima Repubblica.

Lodi pubbliche del governo per l'adesione al progetto Jsf mentre i file di WikiLeaks permettono di rivelare che nelle segrete stanze della diplomazia è costante l'insoddisfazione italiana per la contropartita ottenuta in cambio del suo impegno.

Le perplessità sulle ricadute economiche affiorano subito. E' l'8 febbraio del 2002, quattro mesi prima che Berlusconi firmi l'accordo. L'ambasciatore americano Mel Sembler invia a Washington un cablo riservato per comunicare le intenzioni dell'Italia. Gli americani hanno ricevuto alcune confidenze da un loro contatto: Alfredo Cuzzoni, direttore per il settore aerospaziale al ministero delle Attività produttive, guidato da Antonio Marzano. Cuzzoni racconta alla diplomazia americana che l'industria nazionale, in particolare l'Alenia del gigante Finmeccanica, non è soddisfatta per la contropartita offerta all'Italia e sta cercando di ottenere un accordo più vantaggioso. Per questo - riferisce il funzionario - sarebbe stata ideata una "strategia combinata": il presidente Ciampi si muove a livello politico, il direttore nazionale degli armamenti, l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, si attiva su quello militare e infine l'amministratore delegato di Alenia cerca di fare pressione su Lockheed. "Se il governo italiano rifiuterà di firmare un accordo bilaterale finché Alenia non sarà soddisfatta, l'amministrazione Usa non avrà altra scelta che chiedere alla Lockheed condizioni migliori", recita il file.

Di fronte a questo scenario, gli americani giocano la carta dei vantaggi indiretti: l'industria italiana sarà ammessa a partecipare a un progetto ad altissimo contenuto tecnologico con benefici in termine di occupazione sul lungo termine.

Ma Cuzzoni non è convinto: "L'Italia può contare solo su garanzie scritte, le assicurazioni su possibili benefici futuri non hanno alcun valore", spiega, "perché lui, in tanti anni di esperienza nel settore ha visto sfumare tante promesse degli americani su molti altri accordi". Fa anche sapere che il suo ministro, Marzano, e quello delle Finanze, Tremonti, "stanno ancora cercando dei solidi dati che supportino i benefici economici di questo investimento". La "gola profonda" annuncia che è probabile una decisione politica a favore del Jsf: Ciampi e Alenia si metteranno di traverso, ma alla fine Berlusconi deciderà per il sì. E a quel punto sia il presidente che l'azienda di Finmeccanica potrebbero alimentare "la percezione a livello di opinione pubblica e di Parlamento che Berlusconi abbia firmato un accordo iniquo, con un limitato vantaggio economico per l'Italia, in termini di tecnologia, posti di lavoro o soldi".

Un mese dopo gli americani scalpitano: "Gli italiani ci hanno detto ripetutamente che l'affare è fatto", scrive ancora Sembler, "eppure vari fattori hanno impedito alla Lockheed di creare la coalizione tripartita necessaria a firmare l'accordo per il Jsf". L'ambasciatore spiega "che solo due gambe sono state costruite: i militari italiani hanno fatto dell'aereo la loro scelta, gli indicatori politici fanno capire che Roma aderirà, ma quello che manca è un'ampia comprensione dei vantaggi industriali".

E Sembler trae la sua conclusione: per vendere il Jsf al Parlamento, scrive, dobbiamo affrontare questo problema. E la soluzione è semplice: fare lobbying. "I nostri prossimi passi per costruire consenso", scrive infatti l'ambasciatore, "saranno di incoraggiare al momento giusto la Lockheed a contattare direttamente lo staff tecnico del ministro delle Attività produttive per discutere della componente commerciale e di allertare tutti i fornitori italiani affinché spieghino ai loro rappresentanti parlamentari quali contratti potrebbero ottenere e cercare così il loro supporto per il Jsf". Sembler non esclude che la sua ambasciata possa essere coinvolta "nel presentare il caso al Parlamento", perché è quello che bisogna convincere, non il governo Berlusconi già schierato con gli Usa.

Altra profonda insoddisfazione la rivelano gli ingegneri dell'Alenia che lavorano al progetto negli stabilimenti della Lockheed in Texas: un file segreto del luglio 2004 lascia trasparire la loro frustrazione. Le promesse di lavoro superqualificato sembrerebbero un'illusione: "Alcuni ingegneri si sono lamentati di fare solo le fotocopie e altri compiti di basso livello".

Nel gennaio 2010 l'ambasciata segnala che il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, "ha visitatoWashington e il quartier generale Lockheed per fare pressione per una maggiore partecipazione industriale al progetto Jsf". La missione, però, "non ha avuto molto successo". E non appena il ministro Ignazio La Russa nel vertice con il segretario alla Difesa Robert Gates fa presente "che l'Italia è pronta a essere sia partner che cliente del programma Jsf", Gates risponde che gli Usa "capiscono assolutamente il desiderio dell'Italia di una maggiore partecipazione industriale. Finora all'industria italiana sono andati 350 milioni di dollari in contratti con il potenziale arrivo di altri più sostanziosi nel futuro". Il database si chiude con questa promessa. Finora rimasta a parole.