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KABUL SENZA FUTURO (English translation not available)

Di Stefania Maurizi

Pubblicato su l'Espresso, 26 agosto 2011

Pochi giorni prima del Natale 2008 il generalissimo Petraeus si è presentato a Roma con la lista dei doni chiesti dalla Casa Bianca: più soldati italiani per l’Afghanistan, o quantomeno più carabinieri e più uomini della Guardia di Finanza per addestrare la polizia di Kabul. Ma si è trovato davanti una squadra di comandanti più pronti a criticare gli alleati che a fornire risposte.

Il documento della visita romana di David Petraeus, all’epoca al vertice delle truppe Usa impegnate nella guerra al terrorismo e che adesso andrà a dirigere la Cia, ottenuto da WikiLeaks e che l’Espresso pubblica in esclusiva, mostra però i nostri ministri e i nostri capi di stato maggiore «ansiosi» di avere la linea dal Pentagono.

Petraeus presenta una situazione di crisi, con l’aumento degli attacchi in molte aree del Paese che ha spinto gli Usa a ordinare massicci rinforzi. E anche Franco Frattini si mostra - contrariamente a quanto fa nelle interviste pubbliche - pessimista: «Frattini fa presente di avere ricevuto un rapporto molto sconsolante dall’ambasciatore italiano all’Onu sul viaggio in Afghanistan. Il ministro è preoccupato per le prospettive limitate di una soluzione politica globale». Frattini propone di potenziare il ruolo dei carabinieri nella formazione della polizia afghana, un’idea che piace molto a Petraeus. E spinge il generale Fabrizio Castagnetti a contestare l’opera dei tedeschi, a cui è stata affidata la missione europea per l’addestramento della polizia di Kabul. «Castagnetti ha dichiarato che gli sforzi tedeschi sono un “fallimento miserabile”, specificando che “la Germania butta soldi in un programma che non funziona”».

Un altro dei principali punti di attrito con gli alleati è la lotta alle coltivazioni di oppio. Gli italiani sono contrari alla distruzione delle piantagioni che - se non accompagnata da risarcimenti o incentivi a seminare altro - porta i contadini a sostenere i talebani. Il generale Camporini, all’epoca numero uno delle forze armate, sostiene di «essere sotto pressione nella lotta al narcotraffico, specialmente da parte degli inglesi, per andare oltre gli obiettivi fissati dalla Nato». Ma Petraeus non offre sponde e sottolinea come colpire il commercio di droga sia fondamentale per «togliere l’ossigeno che alimenta la guerriglia».

Petraeus evidenzia poi il problema della presenza fondamentalista in Pakistan. E Berlusconi indossa i panni dello statista: «Ha detto di avere parlato con il presidente pachistano Zardari su richiesta del priemier indiano Singh per rinforzare la necessità di stroncare il movimento talebano in Pakistan. Berlusconi si farà carico di spingere le istituzioni economiche internazionali ad aiutare il Pakistan ma solo a condizione che il goveno intraprenda azioni determinate contro i terroristi». Oggi invece la grandeur è tramontata ed  è l’Italia a dovere chiedere il sostegno delle istituzioni finanziarie internazionali.