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DAL VERME ALL’UOMO - INTERVIEW WITH JOHN SULSTON (English translation not available)

Pubblicata su “Tuttoscienze” de “La Stampa” 13 novembre 2002

Nel 1990 una serie di istituti e laboratori pubblici di tutto il mondo si consorziarono e dettero il via al Progetto Genoma, che prevedeva, tra le altre cose, di sequenziare l’intero genoma umano, cioè di determinare l’ordine esatto, o sequenza, dei tre miliardi di coppie di basi chimiche che costituiscono il DNA umano. Gran parte della comunità scientifica riteneva che il progetto avrebbe potuto avere effetti rivoluzionari sulla medicina ed il consorzio si imbarcò in un’impresa costosa e lunga: l’operazione di sequenziamento, per gran parte a carico di Stati Uniti e Inghilterra, sarebbe andata avanti fino al 2005.

Nel ‘98, la società privata Celera Genomics dello scienziato e imprenditore americano Craig Venter annunciò che avrebbe sequenziato il genoma umano entro il 2001 e spendendo meno di quanto previsto dal consorzio pubblico. La sequenza del genoma era considerata dalla Celera “informazione di significativo valore commerciale”; è utilizzando queste informazioni che le aziende biotecnologiche realizzano i loro profitti.

All’annuncio del sequenziamento, Venter fece seguire una serie di attacchi al consorzio pubblico, rappresentato come un carrozzone lento e sprecone. In America, si mise in discussione l’opportunità di continuare a finanziare il Progetto Genoma, visto che un’azienda privata avrebbe portato a termine il sequenziamento prima del consorzio pubblico. Fu l’inizio di una lotta tra Venter e gli scienziati del Progetto, che temevano di perdere anni di lavoro, di essere screditati, e di vedere finire i dati del genoma in mano ad un’azienda privata.

Se la battaglia contro la privatizzazione del genoma ha avuto un protagonista, è sicuramente lo scienziato inglese John Sulston, direttore del Sanger Centre di Cambridge dal 1992 al 2000. Il Sanger era (ed è) uno dei più importanti laboratori impegnati nel Progetto Genoma, ed è finanziato da quella che è l’istituzione scientifica indipendente più potente d’Europa, se non del mondo: la Wellcome Trust. Subito dopo l’annuncio di Venter, Sulston convinse la Wellcome che l’unico modo per impedire la privatizzazione del genoma era quello di rafforzare il progetto pubblico, accelerando la sequenziazione e rendendo disponibili, immediatamente e gratuitamente, i dati sul web. In questo modo, infatti, la Celera non avrebbe potuto usarli a fini commerciali.

L’iniziativa fu un balsamo per il progetto pubblico e la lotta culminò con una dichiarazione congiunta di Tony Blair e Bill Clinton, che il 14 maggio del 2000 si espressero pubblicamente contro la privatizzazione della sequenza del genoma. La dichiarazione non piacque né alla borsa americana né a Venter: l’indice Nasdaq dei titoli tecnologici e biotecnologici crollò: furono bruciati 30 miliardi di dollari; infuriato,Venter dichiarò: “…erano soldi che potevano essere spesi per la cura del cancro, e sono stati spazzati via, tutto ciò a causa di qualche bastardo della Wellcome Trust…” (The New Yorker, 12/6/2000).

Nell’ottobre 2002, John Sulston ha vinto il premio Nobel per la medicina per una scoperta fatta prima di essere arruolato nel Progetto Genoma, nell’intervistarlo per questa occasione, abbiamo rievocato queste vicissitudini.

Professor Sulston, vogliamo iniziare dal lavoro per cui lei, Brenner ed Horvitz avete appena vinto il Premio Nobel?

E’ il lavoro che ho fatto al Laboratorio di Biologia Molecolare di Cambridge, un posto eccitante perché Francis Crick era ancora lì, così come Sanger, Perutz, Kendrew, tutta gente che ha inventato la biologia molecolare. Fu Sydney Brenner a mettere in piedi il gruppo sul verme nematode: voleva studiare la relazione tra i geni e lo sviluppo di un organismo. Ed il piccolo verme era un organismo semplice, adatto per studiare in miniatura, ma accuratamente, tale relazione. Io mi sono occupato della discendenza delle cellule, cioè dell’origine di tutte le cellule del nematode a partire dall’uovo fecondato fino all’adulto; e osservando le cellule che si dividevano, mi sono accorto che la maggior parte di esse diventavano cellule con una particolare funzione nell’organismo, mentre un piccolo numero di esse moriva spontaneamente attraverso il cosiddetto processo di morte cellulare programmata. E questa è la storia del trio: Brenner ha messo in piedi la genetica, io ho studiato la discendenza cellulare ed ho fatto le prime osservazioni sulla morte cellulare programmata, ed Horvitz ha isolato i geni che controllano la morte cellulare programmata.

Il verme che avete studiato è lungo un millimetro ed ha 959 cellule, che rilevanza hanno i vostri studi per gli essere umani, che da adulti hanno approssimativamente 100.000 miliardi di cellule?

E’ qualcosa che è emerso solo gradualmente: sequenziando il genoma del verme e quello dell’uomo, ci siamo resi conto che molti dei geni, che controllano la morte cellulare programmata nel verme, hanno una funzione simile negli esseri umani. Pertanto, ciò che impariamo studiando il verme ha rilevanza medica.

E che tipo di applicazioni può avere?

La morte cellulare programmata è rilevante per alcune infezioni e quando questo “meccanismo” si guasta possono insorgere alcuni tipi di cancro. Ma la cosa estremamente importante da capire è che essa è anche un processo integrante del nostro sviluppo. Possiamo citare un esempio, che in verità noi tutti amiamo: se le nostre mani hanno dita separate, è grazie alla morte cellulare programmata. Le dita di un feto umano nell’utero, infatti, sono collegate da una membrana. Alla fine dello sviluppo fetale, le cellule della membrana muoiono grazie al processo suddetto e le mani assumono la loro forma definitiva. La morte cellulare programmata “scolpisce” le nostre dita. E questo è solo un semplice esempio, ma ce ne sono molti.

Partendo da un vermiciattolo, è diventato il direttore del Sanger Centre. A che punto siamo col Progetto Genoma?

Il sequenziamento del genoma sarà concluso solo nel 2003. Nel giugno del 2000, è stato annunciato il completamento della bozza del genoma, che presentava “lacune” ed errori, perché era, volutamente, un lavoro provvisorio. Al momento, ciascun laboratorio impegnato nel progetto sta cercando di colmare le lacune. L’annuncio della bozza, però, ha sollevato un polverone perché c’è stato un tentativo di rivendicare il diritto alla proprietà intellettuale del genoma.

Si riferisce al tentativo di Craig Venter? James Watson disse che Venter voleva impadronirsi del genoma come Hitler voleva impadronirsi del mondo.

Beh, il paragone di Watson non va preso troppo alla lettera. E l’uomo meno conosciuto, ma più interessante di Venter, è Tony White, il finanziere che ebbe l’idea che il “vero affare” era vendere la sequenza del genoma e non le macchine per sequenziarlo. Comunque, il piano d’affari della Celera puntava ad ottenere due cose: prima di tutto, mirava ad ottenere brevetti su un grosso numero di geni: ad un certo punto richiese 6000 brevetti, la Celera negava la cosa, ma I brevetti erano già in corso di registrazione; in secondo luogo, voleva creare un database privato della sequenza del genoma e chiunque voleva accedervi doveva pagare una tassa. Per me, questo era assolutamente inaccettabile: il genoma è un bene pubblico. E questo scenario avrebbe creato un monopolio, che era male per il mondo occidentale, e peggio per I paesi poveri, perché avrebbe aumentato il divario della ricchezza, divario che non solo è ingiusto, ma che è la causa profonda dei conflitti mondiali. Per questo, io sono felice che siamo arrivati alla proprietà pubblica del genoma.

E quanto ai brevetti?

I brevetti si riferiscono a porzioni del genoma, non all’intera sequenza: le aziende private li stanno richiedendo per singoli geni. Ed io penso che questo sia semplicemente sbagliato. Prendiamo il caso del recettore CCR5. William Haseltine, della società Humane Genome Sciences, aveva alcuni brevetti provvisori su molti recettori di funzione sconosciuta. Quando due laboratori, e non Haseltine, hanno scoperto che il recettore CCR5 gioca un ruolo chiave nell’infezione da HIV, Haseltine ha rivendicato il brevetto sui possibili usi terapeutici del CCR5. E’ una cosa insensata. Tuttavia, voglio essere chiaro: non ho nulla contro le aziende che rivendicano la proprietà intellettuale, ma loro devono inventare o scoprire qualcosa. Il problema è questo stupido sistema dei brevetti: il primo che registra una richiesta di brevetto, semplicemente la ottiene, non c’è un esame reale dei meriti della “scoperta” o dell’ “invenzione”.

Alcuni sociologi della scienza sostengono che l’attuale exploit della biologia molecolare sia più da attribuire al business che alla conoscenza. Che ne pensa?

Che non è vero. Le aziende private si sanno vendere: ci dicono che fanno tutto ed in modo efficiente, mentre le università tirano avanti a stupidaggini. Ma questa è una rappresentazione distorta dei fatti: le scoperte di base si fanno nelle università.

Lei ha collaborato con Oxfam, un’organizzazione internazionale impegnata sui temi della povertà nel mondo. Qual è stato il suo contributo?

Beh, collaborazione è una grande parola. Ho frequentato alcuni seminari della Oxfam, i cui ricercatori sono persone estremamente penetranti, e ritengo utile la pressione che le Organizzazioni Nongovernative esercitano nelle trattative con il WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Tornando al Progetto Genoma, che cosa è ragionevole aspettarsi nell’arco di dieci anni ?

Il Progetto è assoluto background: è uno strumento, come la tavola periodica per I chimici. Anche per questo io mi sono battuto per la proprietà pubblica del genoma, altrimenti ci saremmo potuti ritrovare nella stessa situazione di un chimico che deve pagare ogni volta che deve consultare la tavola. E’ difficile dire cosa aspettarsi, ma, tanto per citare due possibili frutti, un’applicazione del Progetto è nella diagnostica e l’altra nel trattamento del cancro, che è dovuto a modificazioni del DNA delle cellule. Grazie ai dati sul genoma, possiamo confrontare le sequenze del DNA e trovare più facilmente questi cambiamenti. Ma questo non significa che in un particolare momento il cancro sarà curabile, perché il cancro è un’intera collezione di malattie, significa che molti più tipi di cancro saranno curabili tra dieci anni.

Con la terapia genica?

La terapia genica è più difficile del trattamento del cancro, secondo me. In quest’ultimo caso, infatti, si punta ad uccidere delle cellule; nella terapia genica, invece, bisogna mettere il gene giusto al posto giusto, attivare il gene giusto, disattivare quello sbagliato, e via di seguito.

Avviandoci verso la conclusione, che cosa ha aggiunto alla sua vita il Nobel? Ammesso che abbia aggiunto qualcosa…

Beh, ovviamente, mi fa piacere che ci sia gente che parla bene di me, ma è anche mortificante perchè so benissimo che ci sono molte persone migliori di me. Inoltre, devo stare attento perché il premio mi permette di alzare la voce. Tom Lehrer ha una bella frase a tal proposito: “se puoi comunicare, va bene, ma se non puoi comunicare il minimo che puoi fare è startene zitto”.

Concludendo all’insegna della frivolezza, i media inglesi da “The Guardian” alla BBC ripetono da anni che, mentre Venter viaggia in Lear jet, lei gira in sandali di cuoio e con una macchina di seconda mano. Cambierà la macchina con i soldi del Nobel?

No, ho già abbastanza soldi per una macchina e mi piacciono i sandali, perché li trovo comodi, ma per la cerimonia del Nobel ho un paio di scarpe che indosso in questo genere di occasioni.