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STAMINALI E ALTRE TRUFFE IN LABORATORIO (English translation not available)

 

Pubblicato su “Tuttoscienze” de LA STAMPA, 11 gennaio 2006

E ora i detrattori della ricerca sulle staminali saranno contenti. La tanto vituperata ricerca accusata di creare distopie alla Huxley e attaccata dai gruppi religiosi che la considerano alla stregua degli esperimenti del dottor Mengele, nel dicembre scorso è stata anche investita da uno scandalo gravissimo, rimbalzato sui grandi giornali del mondo. Lo scienziato coreano Woo Suk Hwang, uno dei pionieri della clonazione terapeutica, ha ammesso di aver falsificato i dati delle sue ricerche pubblicate nel maggio 2005 sull’autorevole rivista americana Science. Si tratta del “più grande scandalo scientifico degli ultimi tempi”, secondo la rivista inglese New Scientist, un fatto che non solo ha creato un gran caos in un settore già al centro di mille polemiche, ma che avrà serie ripercussioni anche sulla credibilità della scienza. E di fatto navigando qua e là nei blog prolife, si può constatare che non si è perso tempo: “Dobbiamo fidarci della ricerca scientifica?”, ci si chiede maliziosamente in uno di essi. Ma strumentalizzazioni a parte, è chiaro che il comportamento di Hwang non ammette alcuna giustificazione e la comunità scientifica deve necessariamente affrontare il caso in tutta la sua gravità, perché l’affaire Hwang riporta urgentemente in primo piano il problema della frode nella scienza.

Fra i vari strumenti per conoscere il mondo, la scienza ha sempre potuto vantare una superiorità derivante dal metodo scientifico, un metodo collaudato da secoli di scoperte grandiose e che, partendo dall’osservazione dei fenomeni naturali, produce conoscenza solida e affidabile attraverso esperimenti riproducibili. E’ chiaro che se il ricercatore bara, il metodo scientifico va a farsi friggere e con esso va a farsi friggere la credibilità dei risultati “scientificamente provati”.

Ma cosa s’intende esattamente con “frode”? Nella scienza viene considerata frode qualsiasi manipolazione che punti a inventare, falsificare o plagiare i dati raccolti nel corso di una ricerca. Si tratta di una definizione semplice solo in apparenza, perché per parlare di frode occorre dimostrare la cattiva fede del ricercatore, ovvero, se nel raccogliere ed elaborare i dati di un esperimento, uno scienziato commette errori in buona fede, non siamo in presenza di una frode. Questa precisazione ci fa immediatamente capire che stanare le frodi è tutt’altro che semplice: la raccolta e l’interpretazione dei dati, infatti, non sono mai operazioni scontate e dirette, ma sono piuttosto il frutto di una pratica in cui il ricercatore viene istruito, fin dagli anni dell’università, a capire quali sono i dati significativi e quali invece devono essere scartati e perché, come devono essere letti ed elaborati. Dunque distinguere una manipolazione disonesta dei dati da un’elaborazione errata, ma in buona fede, è difficile. E non è affatto semplice neppure capire quanto siano diffusi i comportamenti fraudolenti nella scienza. Alcuni tendono ad accreditare l’idea che siano un’eccezione, un comportamento deviante di poche “mele marce”, da punire con discrezione per non compromettere gravemente la credibilità della scienza, altri invece sospettano che il male sia più diffuso di quanto non si creda. Nel giugno scorso, per esempio, la rivista Nature ha pubblicato i risultati di uno studio condotto su oltre 3000 ricercatori. Ebbene, oltre il 15% di essi ha ammesso di aver cambiato il progetto di esecuzione di una ricerca o i risultati per compiacere lo sponsor o di non aver tenuto conto di “osservazioni scomode”. Ma in ultima analisi non esiste una risposta certa alla domanda: quanta frode c’è nella scienza? Semplicemente non lo sappiamo, perché nessuno ha mai condotto un’indagine sistematica. Casi come quelli del professore Hwang, tuttavia, pongono l’urgenza di un’indagine del genere. Oggi, nelle nostre democrazie sempre più dipendenti dalla scienza e dalla tecnologia, c’è già abbastanza paranoia intorno alla scienza e un numero crescente di persone è disposto a credere che nei laboratori possano succedere le cose più incredibili e inquietanti, l’idea che gli scienziati possano essere anche dei truffatori, oltre che dei Mengele, non migliora di certo le cose.