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IL GENIO DI TURING, CASTRATO CHIMICAMENTE (English translation not available)

Pubblicato su Tuttoscienze de LA STAMPA, 6 luglio 2005

Tolleranza zero: un colpo di forbici per i pedofili e castrazione chimica per gli stupratori. Sono  queste le misure chieste dal ministro Calderoli nei giorni di allarme per le violenze sessuali, misure che hanno suscitato qua e là qualche reazione indignata, ma neanche più di tanto, perché reati come la violenza carnale o la pedofilia sono raccapriccianti e proteggere la società da criminali che vanno in giro ad aggredire e stuprare è un obiettivo sacrosanto. Ma la castrazione chimica funziona? E se sì, è un trattamento eticamente accettabile?

La castrazione chimica consiste nel somministrare a soggetti maschili delle sostanze come il medrossiprogesterone acetato, un ormone femminile che nelle donne viene usato, tra le altre cose, come contraccettivo. Negli uomini, invece, sopprime l’erezione e l’eiaculazione e riduce drasticamente la libido. Tuttavia, la comunità scientifica è tutt’altro che concorde sull’efficacia e sulla sicurezza di questo trattamento. La riduzione drastica della libido, infatti, non è sempre un fattore cruciale nella prevenzione degli stupri, perché le violenze sessuali non avvengono necessariamente perché il soggetto è in preda a un desiderio incontrollabile, quanto piuttosto perché è un individuo aggressivo e violento verso le donne. Un trattamento come la castrazione chimica, che semplicemente sopprime la libido, ma non va ad agire sulla carica di violenza dello stupratore, non risolve il problema: uno stupratore anche impotente può comunque aggredire e fare violenza alla vittima con oggetti o provocarle lesioni gravi. Quanto alla sicurezza del trattamento, va detto che, sebbene si conoscano alcuni effetti collaterali di sostanze castranti come il medrossiprogesterone (diabete, trombosi, ipertensione), gli effetti a lungo termine sugli uomini sono sconosciuti.

Se efficacia e sicurezza sono discutibili, l’accettabilità etica lo è ancora di più. E’ ammissibile sottoporre a un trattamento medico altamente invasivo individui che di fatto non possono negare il loro consenso? Di fronte a criminali che stuprano bambini o donne, si può avere la tentazione di liquidare questa domanda, tuttavia imporre trattamenti medici a chi non può scegliere liberamente di rifiutarli è, notoriamente, una pratica da lager. Il consenso volontario del paziente, infatti, è il principio fondante dell’etica medica ed è un principio emerso come reazione alla barbarie dei medici nazisti, che avevano sottoposto a trattamenti ed esperimenti abominevoli ebrei, persone “sessualmente deviate”, malati di mente, disabili, ovvero individui che per il nazismo non meritavano di vivere, tantomeno di decidere cosa ne andava fatto del proprio corpo.

Infine, non bisogna dimenticare che la castrazione chimica si porta dietro un’eredità sinistra e vergognosa di strumento di repressione sociale: negli anni ’50, infatti, fu usata in modo massiccio per estirpare il “sudiciume sociale” rappresentato da individui considerati “colpevoli di turpitudine morale”, tipo gli omosessuali. Vittima illustre della castrazione chimica fu, ad esempio, il grande matematico inglese Alan Turing. Genio assoluto, eccentrico ed ateo, Turing è stato uno dei grandi del Novecento, padre dell’intelligenza artificiale e del primo computer moderno e cervello del gruppo di criptoanalisti che, durante la seconda guerra mondiale, assestarono un colpo al cuore della macchina da guerra del Führer, decifrando il codice “Enigma”, usato dai nazisti nelle loro comunicazioni belliche. Nel ’52, ovvero, proprio negli anni in cui criminali nazisti come Adolph Eichmann scorrazzavano liberamente per il mondo - aiutati anche da uomini molto pii - Alan Turing fu arrestato e processato per omosessualità. Non lo misero in prigione né lo lobotomizzarono, come suggerivano alcuni studi di quegli anni sulla perversione sessuale: lo lasciarono libero “a condizione di sottoporsi a trattamento terapeutico presso un medico qualificato”, ovvero a condizione che accettasse di essere imbottito di ormoni femminili che lo resero impotente e gli fecero crescere il seno.

Il pomeriggio dell’8 giugno 1954, fu la governante a trovarlo nel letto, cadavere, con le labbra cianotiche e, accanto a lui, una mela più volte morsicata. Non fu analizzata, ma era evidente che era stata intinta nel cianuro.

Prima del suicidio, i colleghi lo avevano sentito canticchiare per giorni il ritornello intonato dalla strega che confezionava la mela avvelenata per Biancaneve.