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PAR CONDICIO APPLICATA ALLE STAMINALI (English translation not available)

Pubblicato su Tuttoscienze de LA STAMPA, 8 giugno 2005

Un round agli scienziati favorevoli alle staminali embrionali e uno ai contrari. E’ così che i media italiani si regolano, in questi giorni di polemiche prereferendum, estendendo alla scienza la par condicio della politica e intervistando sistematicamente un esponente del mondo scientifico a favore della ricerca sulle staminali embrionali e uno contrario, in modo da lasciar intendere al lettore o al telespettatore che si sta facendo un buon servizio alla verità, fornendo un’informazione corretta ed equilibrata su un tema tanto importante. Ma è così?

E’ vero che all’interno della comunità scientifica c’è chi si oppone alla ricerca e all’uso delle embrionali, ma è anche vero che si tratta di una piccola minoranza: la stragrande maggioranza degli scienziati di tutto il mondo è convinta che siano una grande opportunità, forse l’opportunità più grande che la medicina si sia mai trovata a gestire. E’ giusto e democratico dar voce agli scienziati che non la pensano così, tuttavia è cruciale che l’opinione pubblica sappia che sono appunto un’esigua minoranza. Scrivere che in tema di embrionali gli scienziati sono divisi e interpellarne sistematicamente uno a favore e uno contro - come se la comunità scientifica fosse spaccata, con un 50% a favore e l’altro 50% contro - significa rappresentare in modo profondamente distorto la posizione degli scienziati sulle staminali. E poiché quella sulle staminali è una controversia in cui l’opinione della comunità scientifica è cruciale, si capisce bene il danno di un giornalismo che estende rozzamente alla scienza la par condicio della politica. Di fatto, in un paese come l’Inghilterra - che ha una grande tradizione sia nella scienza che nel giornalismo - la Royal Society ha affrontato esplicitamente questo problema nel documento “Guidance for Editors”, disponibile online.

Né contribuisce a chiarire il dibattito sulle staminali la scelta dei media di affidare gran parte della coverage a giornalisti che non sono professionisti dell’informazione scientifica e che, non avendo una conoscenza profonda delle questioni e dei risultati della scienza - esattamente come il giornalista scientifico non ne ha di quelli della politica o dell’economia - tirano fuori articoli e servizi che buttano là dati e informazioni senza aiutare minimamente il lettore o l’ascoltatore a capirne il senso e citano opinioni come se fossero fatti scientificamente appurati. Eppure l’Italia può vantare degli ottimi giornalisti scientifici. Tuttavia, l’ipoteca umanistica sulla cultura e sui mezzi d’informazione italiani fa sì che quello scientifico sia un un giornalismo marginalizzato: in Italia, si tende ad assumere che i temi trattati dai giornalisti scientifici siano adatti alle “riserve indiane” - tipo riviste di divulgazione e “TV delle scienze”, per quei pochi italiani che hanno il “pallino” della matematica, della fisica, ecc.. - piuttosto che al grande pubblico. Purtroppo, contrariamente a quanto accade nel mondo anglosassone, i media italiani sembrano avere un’idea molto vaga del fatto che controversie come le staminali, la clonazione e gli OGM sono solo un “assaggio” di quello che ci aspetta. Viviamo in democrazie che dipendono sempre di più dalla scienza e dalla tecnologia. E la scienza e la tecnologia ci metteranno sempre di più di fronte a scelte capaci di cambiare profondamente il destino della nostra società, scelte che -  si spera - dovranno essere fatte democraticamente, proprio perché riguardano l’intera comunità. Senza un’informazione scientifica adeguata e disponibile sui grandi mezzi d’informazione, la partecipazione democratica a quelle decisioni sarà solo un miraggio.